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I Pooh sorprendono con "Dove comincia il sole"

Il ritorno che non ti aspetti

La recensione de L'Isola

Le citazioni si potrebbero sprecare: “Ricomincio da tre”, oppure “La vita comincia a quarant’anni”, (di attività…), ma val la pena di soffermarsi su un fatto che suona evidente fin dalle prime note: una volta rimasti in tre, se davvero c’era l’intenzione di ricominciare, tanto valeva lasciarsi alle spalle gli ultimi vent’anni di attività, che si potrebbero considerare quasi una sorta di routine, e ripartire dalle origini, ed in maniera diversa.

I Pooh hanno colto quest’occasione, hanno riportato indietro le lancette alla fine degli anni ’70, primi anni ’80, ma soprattutto hanno ricominciato ad essere non più un’entità unica, indistinta, ma tre musicisti ben definiti, hanno ritrovato il gusto per i propri strumenti, di cui sono sempre stati interpreti di livello, ed i suoni di Dove comincia il sole lo dimostrano in modo evidente.

Smaltita la necessità, divenuta quasi angosciosa, di ribadire l’unità, l’amicizia, la coesione della band, Robi, Dodi e Red hanno chiamato Steve Ferrone, vecchia volpe dei tamburi, e si sono rimessi a suonare, per davvero, e l’ombra di un album storico come Viva aleggia su questo nuovo lavoro; i suoni sono attuali, i testi, finalmente, sono più vari, Dove comincia il sole, ma anche L’aquila e il falco, Musica, la chitarra di Dodi Battaglia ritorna protagonista, Robi Facchinetti torna ad essere il tessitore di suoni a tratti quasi sinfonici, Red Canzian è il cuore del ritmo, e Steve Ferrone li accompagna con discrezione e sobrietà in questo viaggio.

Le voci, quelle sì, sono sempre le stesse, con le loro peculiarità, riconoscibili non solo dai fans sfegatati. L’amore occhieggia sempre da dietro l’angolo, come in Fammi sognare ancora, Il cuore tra le mani. Però si sente, a pelle, che è cambiato qualcosa: ci sono una scioltezza, una leggerezza, una partecipazione nuova, la voglia di raccontare non più solo sé stessi, ma anche quel che succede fuori, gli incontri (Reporter), oppure il gusto di scrivere racconti di fantasia (la title-track, ed anche la già citata L’aquila e il falco). Ma è soprattutto la musica che restituisce i Pooh senza più le necessità del “singolo”, dell’hit da classifica, finalmente liberi di “mollare le redini” ai propri strumenti e di suonare e cantare per il gusto di farlo, variando ritmi, melodie con arrangiamenti realmente al di sopra dei loro lavori precedenti; la classe è quella di sempre, lo stile, inconfondibile, anche, ma l’attitudine è diversa, e le canzoni ne sono testimoni.

Un caso, forse, che tutto ciò sia successo proprio ora… chissà…


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