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Francesco De Gregori e Bob Dylan sullo stesso palco nella prima serata del Lucca Summer Festival

Quando la realtà supera l'aspettativa...

Il Festival anche quest'anno si conferma un evento di grande prestigio nazionale ed internazionale.

Sono ormai diciotto le edizioni del Lucca Summer Festival e il livello qualitativo di questa grande kermesse continua a tenere il passo con i grandi eventi internazionali. D’Alessandro e Galli, promoter tra i più attivi in Italia, come sempre ha messo in moto la sua macchina organizzativa con largo anticipo per creare un cartellone che ancora una volta lascerà il segno nell’estate italiana. Lucca apre le sue porte con il tipico calore e la simpatia con cui ti accoglie tutta la Toscana e l’indotto che si muove nei ventotto giorni in cui si snoda la manifestazione, porta beneficio a tutto il territorio. Questo a riprova che l’investimento in eventi di grande respiro internazionale (ma in proporzione vale anche per quelli a caratura nazionale o regionale) porta un ritorno economico notevole. Bar, ristoranti, alberghi, campeggi, noleggi di biciclette, merchandising, società di trasporti, insomma un territorio che – se messo in rete in maniera intelligente – può attirare un numero enorme di persone garantendo anche dei servizi adeguati. Cosa che regolarmente avviene ormai da molti anni nella città toscana (qui a fianco una spendida immagine della famosa PIazza Anfiteatro, di forma circolare) con migliaia di uomini e donne, giovani, giovanissimi, magari accompagnati da attempati genitori che tornano a vedere i loro beniamini che passano in Italia solo per un concerto e che si esibiranno in esclusiva proprio qui. Ma quelle stesse persone, o almeno una parte importante, sfrutta l’occasione per visitare Lucca e dintorni, utilizzando al meglio i pacchetti turistici creati ad hoc o costruendosi il proprio percorso a secondo dei gusti personali. Facendo un discorso più generale e riferito a tutto lo stivale italico,  sarebbe davvero ora che le amministrazioni pubbliche, gli enti, fino ai singoli sponsor privati capiscano che ogni euro investito in grandi manifestazioni (musicali ma non solo) porta un valore economico quantificabile in almeno due, quasi tre, volte tanto. Smettiamola quindi di pensare sempre che organizzare eventi, rassegne, festival sia un esborso di denaro (pubblico e non) utile solo a far divertire qualcuno. Avere idee e uno staff organizzativo serio significa far fruttare quell’investimento. Certamente anche divertendosi. Discorso lungo e valido in ogni regione d’Italia, ma che ci porterebbe lontano. Torniamo quindi a Lucca.

L’Isola della Musica Italiana ha seguito il primo concerto con la nostra inviata Valeria Bissacco (autrice anche delle foto degli artisti che trovate nel servizio). Ecco il suo racconto…
(La redazione)

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Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi….
di Valeria Bissacco

È toccato a un sorridente Francesco De Gregori, accompagnato dalla sua affezionata band, aprire l’edizione 2015 del ‘Lucca Summer Festival’ in un primo luglio caldissimo e affollato di turisti e fan provenienti da mezzo mondo. Il ‘Principe’ dei cantautori italiani è salito sul palco di Piazza Napoleone alle 20.05, quando c’era ancora luce, inaugurando un programma che vedrà esibirsi entro la fino di luglio una serie di "mostri sacri" internazionali, da Bob Dylan a John Legend, da Billy Idol a Elton John, da Mark Knopfler a Lenny Kravitz e altri ancora.

Certo, l’onore di "aprire le danze" in una serata come questa il nostro Principe se lo meritava tutto, in cui a salire sul palco dopo di lui sarebbe stato proprio Bob Dylan, l’artista che De Gregori più volte ha omaggiato e citato sia nei dischi che nei live, e per il quale non ha mai nascosto il suo rispettoso e incondizionato amore artistico. Per mesi si è vociferato di un probabile duetto tra i due artisti, si è scommesso su quale brano potesse legarli così tanto da portarli a suonare insieme sullo stesso palco, si è addirittura giocato con la grafica dei manifesti e delle pagine Facebook, con i  cinguettii di Twitter. Insomma, si è cercato di esorcizzare una notizia che si sperava diventasse realtà, ma con la consapevolezza che la realtà delle cose…avrebbe fatto il suo corso. Chi conosce bene De Gregori sa che la stima e il rispetto nei confronti di Dylan sono talmente profondi che mai gli avrebbe chiesto di cantare insieme un brano e, in fondo in fondo, il suo pubblico affezionato non si aspettava che questo potesse accadere davvero. Sapeva però che un evento che porta in cartellone, nella stessa sera e uno dopo l’altro, De Gregori e Dylan, sarebbe stato un evento unico, una serata comunque speciale. I concerti quindi sono stati due, e ben distinti. Il primo set, quello di  Francesco De Gregori con la sua Band al completo, è durato poco più di un'ora, mentre dopo circa trenta minuti di pausa, alle 21.40 sul palco è salito  con i propri musicisti  Robert Allen Zimmerman, classe 1941, per due ore piene di concerto che Dylan ha scelto di dividere in due parti.

Ma partiamo con De Gregori, che per l'occasione ha scelto dodici brani dalla scaletta del suo attuale ‘Vivavoce Tour’, partito a marzo da Roma e che lo vedrà esibirsi ancora durante l'estate in tutte le piazze più suggestive della penisola, sapendo catturare immediatamente l'interesse di tutto il pubblico pagante. Molti erano turisti americani, giunti in piazza naturalmente per sentire Dylan ma che hanno applaudito anche il Nostro con evidente piacere. Francesco (qui la classe è quella de1951, ma in una forma fisica da far invidia a decine e decine di colleghi più giovani) si è presentato sul palco di Lucca in maglietta a mezze maniche e inseparabile cappello, rilassato e sereno, e piuttosto easy era anche il look di tutti i suoi musicisti (schierati sul palco nell’ordine, da sinistra: Paolo Giovenchi, Stefano Parenti, Guido Guglielminetti, la sezione fiati Stefano Ribeca, Giancarlo Romani e Giorgio Tebaldi, quindi Elena Cirillo, Alex Valle, Lucio Bardi e Alessandro Arianti) che, seppur emozionati per l’importanza dell’evento, avevano visi che trasmettevano divertimento, suonando per tutto il tempo con energico coinvolgimento.  I grandi fari alle loro spalle facevano parte della scenografia dello spettacolo di Dylan e hanno reso assolutamente insolita l’ambientazione  del set di De Gregori, visto che alle 20.00 non era ancora buio e le luci ancora spente.


Lo spettacolo inizia con la trascinante Il canto delle Sirene per proseguire più dolcemente  con Ti leggo nel pensiero e lanciarsi poi nel rock di Finestre rotte. Quindi un classico, Viva l’Italia, con immancabile armonica con cui De Gregori si diverte sempre a colorare i suoi brani dal vivo, e la più dura Il panorama di Betlemme. La nuova introduzione de La leva calcistica della classe ‘68 (quella dell’ultimo disco Vivavoce) ha regalato grandi emozioni, che sono proseguite con l’arrangiamento potente e al tempo stesso minimal di uno dei brani forse meno noti, La testa nel secchio, in cui il basso del “Capobanda” Guido Guglielminetti la fa da padrone.
La voce di De Gregori, piena e pulita, arrivava veramente fino all’ultima fila, abbracciando tutto il variegato pubblico che cantava con lui e batteva il tempo con le mani. C’era anche chi ondeggiava a ritmo sulle sedie, e quest’onda di buon umore che scendeva dal palco sembrava rimbalzare e tornare su, provocando sorrisi inaspettati (sarà finalmente finita la vecchia e sciocca diceria che raccontava di un De Gregori che non ride mai in concerto?). La rivisitazione un po’ scanzonata di
Niente da capire ha condotto verso una Buonanotte Fiorellino tornata alla sua veste più classica e infine Sotto le stelle del Messico a chiudere (provvisoriamente) il concerto. A quel punto però tutto il pubblico era talmente coinvolto che - nonostante l’imminente arrivo di Dylan - ha richiesto a gran voce il suo ritorno sul palco. Lui non si è fatto pregare, ha aperto lo scrigno del suo ultraquarantennale repertorio e ha cantato con dolcezza un’immancabile La donna cannone, accompagnato alle tastiere da Alessandro Arianti e al violino da Elena Cirillo, bravissimi. Infine, per suonare l’ultimo brano, è tutta la band ad unirsi ai tre e dopo qualche secondo arriva fragoroso e puntale l’applauso, perchè gli accordi hanno già lanciato la melodia dell’amata Rimmel, di cui quest’anno ricorre il 40° compleanno e che sarà festeggiata con un concerto speciale all’Arena di Verona il prossimo 22 settembre.

Ma torniamo a Lucca, a quella magica sera del 1° luglio, dove stava per accadere una cosa assolutamente inedita. De Gregori è sceso visibilmente felice dal palco, lasciando il pubblico “in buone mani” (parole sue) e su quello stesso palco è salito l’immenso e schivo Bob Dylan. La situazione è apparsa subito completamente diversa. Sembrava di essere entrati in un’atmosfera da film anni 50: penombra per tutto il concerto, grossi fari alle spalle dei musicisti che servivano quasi solo da scenografia, quattro microfoni “vintage” posizionati in mezzo al palco a formare una specie di  barriera di protezione (dai fotografi?) intorno al mito. E al centro di tutto lui, Dylan, cappello a tesa larga calato sugli occhi e completo scuro elegantissimo, che si spostava appena dal pianoforte ai microfoni con pochi passi lenti. Una malizia e una capacità di attirare l’attenzione anche nei dettagli, nelle piccole ma significative cose che si possono fare tra un brano e l’altro. Ha incantato il pubblico con una voce ancora buona (addirittura migliore di qualche anno fa, osservavano i fan più affezionati che lo ascoltavano quasi in estasi) e arrangiamenti nuovi che a volte hanno spiazzato un po’. Logico verrebbe da dire, come le critiche che piovono quando i grandi artisti rifanno i loro pezzi senza cambiarli mai, venendo tacciati di poca creatività, della serie…. vai ad indovinare qual è la cosa giusta per accontentare tutti!

In scaletta grandi successi  e brani meno famosi della sua sterminata produzione, fino alle canzoni più recenti. Da Things Have Changed, a una perla, She Belongs to Me per proseguire con rapidi balzi temporali attraverso la sua  lunga carriera: Workingman’s Blues #2, Duquesne Whistle e Pay in Blood, e alla fine del primo set due capolavori come Tangled Up In Blue e Full Moon and Empty Arms (dall’ultimo album).

Nella seconda parte del concerto qualcosa cambia, se possibile tutto diventa ancora più intenso e certamente più blues, con il pubblico che è sembrato ancora più partecipe (il brano Simple Twist of Fate, per esempio, ha visibilmente colpito nel segno, creando una commozione palpabile). Nel finale, con una quasi irriconoscibile Blowin’ In The Wind e una riuscitissima Love Sick, Dylan si congeda, lasciando tutti palesemente soddisfatti. Ma tutte le cose belle purtroppo hanno fine e la serata termina con la sensazione che sopra e sotto al palco si è svolto un evento unico e (forse) irripetibile. Nell’abbandonare la piazza si avvertiva un clima gioioso e sereno che ha lasciato a tutti un bel sorriso in volto. Persino i severissimi addetti alla security, che durante entrambi i concerti hanno impedito in tutti i modi qualsiasi ripresa foto e video, alla fine sembravano essersi un po’ addolciti e rilassati (e ci è scappata anche qualche foto, quelle che l’Isola pubblica qui in esclusiva).
Alla fine di tutto, per chi scrive c’è stato ancora un momento di gioia in questa serata perfetta: un saluto e un abbraccio ai musicisti di De Gregori che hanno assistito al concerto di Dylan dalla piazza, anche loro visibilmente contenti. Insieme abbiamo pensato che sì, la serata è stata davvero una di quelle da incorniciare per chi si aspettava comunque un bell’evento e ha avuto modo di assistere a molto di più. Per esempio ad uno di quei momenti in cui la realtà supera l’aspettativa.

http://www.summer-festival.com/home

 


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