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Da piccolo capannone diroccato a luogo vivo in cui musica, teatro e arti visive si sono intrecciate. E ora lo stop.

La musica italiana in difesa dell’Angelo Mai Altrove

Uno dei luoghi più vitali della capitale è al centro di un confronto durissimo con l'amministrazione

A Roma, nel cuore della città, a pochi passi dal Circo Massimo c’è un luogo che negli anni è diventato centro culturale, laboratorio sperimentale, fulcro e snodo di idee, esperienze, creatività e innovazione come pochi altri in Italia. Da capannone vuoto al momento dell’assegnazione da parte del Comune di Roma, in tre anni si è trasformato in un teatro-sala concerti in cui sono stati prodotti e coprodotti 62 spettacoli, 198 concerti, 34 performance e 23 laboratori.

 

Per via di una minaccia di sequestro giudiziario e di una serie di multe salate dovute ad alcune trasgressioni sulle ordinanze comunali emanate dal Primo Cittadino di Roma, l’Angelo Mai Altrove, è stato costretto a chiudere. Così, per non far morire questo importante centro di produzione indipendente, cresciuto senza alcun tipo di finanziamento pubblico, gli organizzatori hanno deciso nella notte tra il 18 e il 19 Ottobre scorso di dare avvio all’occupazione dello spazio.

Quest’atto ha scatenato una mobilitazione importante tra gli artisti romani e non, da Pino Marino a Manuel Agnelli, da Roberto Angelini, a Roberta Sammarelli dei Verdena, a Giulio “Ragno” Favero del Teatro degli Orrori che hanno deciso di far sentire la loro voce. A sintetizzare bene il perché di questa loro vicinanza agli occupanti dell’Angelo, le parole di Rodrigo D’Erasmo (Afterhours), qui nella foto: “…è per me la naturale prosecuzione di una storia d‘amore e collaborazione con questo spazio e le persone che lo animano che, da ex-cittadino romano, dura ormai da circa 6 anni. Ne ho visto la genesi, le trasformazioni, lo sgombero, l‘assegnazione, la crescita e soprattutto la legittimazione da parte della città. L‘Angelo è una piccola grande istituzione culturale a Roma. Di quelle istituzioni in cui credere ancora, per cui esporsi, spendere e investire tempo, risorse e passione. Di quelle istituzioni con cui si può ancora dialogare, progettare, costruire”.

Una situazione delicata questa dell’Angelo Mai (Viale delle Terme di Caracalla 55/a), che tocca da vicino molti artisti romani, ma più in generale chi ha cuore la ricerca di una “terza via” nella gestione della cultura e dello spettacolo. Un nuovo sforzo che porti ad una sintesi tra esigenze diverse, che regolarizzi quelle realtà che non vogliono diventare una classica gestione privata tipo locale, non un circolo simil-Arci a tutti costi e neanche un luogo dove per forza di cose ci siano violazioni di ordine fiscale. Un nuovo patto sociale insomma, tra istituzioni e realtà che partono dal basso e che se messe nelle condizioni di operare con “obblighi” chiari ed equi possano diventare risorsa per la polis, per la crescita culturale della città tutta, senza nessuna distinzione di colore.

Non sappiamo come andrà a finire questa vicenda, di certo sappiamo che Angelo Mai è un punto di riferimento che manca, che manca maledettamente alla città di Roma. E non solo a Roma.


http://www.angelomai.org/
https://www.facebook.com/angelo.mai.7?ref=ts&fref=ts

 


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