Massimo Priviero: semplicemente Massimo.
Un lavoro che raccoglie il grande live all’Alcatraz nell’ottobre scorso.
Si può essere rocker e cantautori, o storytellers, all’inglese…? Si può, si può…basta essere artisti un po’ “obliqui” come Massimo Priviero, una vita a cercare (riuscendoci) di essere coerenti con se stessi, con la vita, con il mondo della canzone e con quello della storia del quotidiano. Fatta di grandi slanci emotivi ed etici ma, anche, di bollette e di impegni da mantenere. Sempre perennemente alla ricerca di strade da percorrere, persone da incontrare, storie da raccontare ma anche storie da cui imparare, Priviero è un insonne macchina di “pensieri e parole” che nascono in veneto e si concretizzano in italiano, alla costante ricerca di una sintesi tra radici e presente, tra passato e futuro, tra nebbia e verità. Un percorso portato avanti con testarda e “crudele” determinazione che non ha mai lasciato scampo a fumisterie ideologiche o inconsistenti ma che ha, invece, intriso la penna dei suoi testi nella concretezza della vita vissuta. Emotivo e emozionante, silenzioso ed urlante, immaginifico e scarno, soul, rocker e scrittore sopraffino, Priviero incarna, con la sua carriera una sorta - ci si passi il termine - di animale mitologico, capace, con la sua apparente fragilità, di essere duro come una roccia e morbido come le fronde di un albero in una notte di vento. Ora, con l’uscita del nuovo album Massimo, due cd + dvd, che “racconta” il concerto dello scorso anno all’Alcatraz di Milano (inclusi quattro inediti), abbiamo la possibilità di ascoltarlo/incontrarlo alla Salumeria della Musica di Milano, Via Pasinetti, 4, venerdì 9 Ottobre, ore 21.15. Come sempre dal vivo Priviero si trasforma e la persona “tranquilla, amabile e quasi sottovoce” che si è incontrato qualche istante prima, diventa un rocker pieno di pathos che riesce a catturare l’attenzione dei presenti dalla prima all’ultima canzone. Detto così sembra facile, ma riesce solo quando c’è talento. Tant’è…
(foto in homepage e nell’articolo di Ferdinando Bassi)
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