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...osservo le tue mani innamorare i tasti del pianoforte a coda e vedo la musica plasmarsi…

Matthew Lee, definito dalla stampa internazionale il genio del rock'n'roll

Lo scorso 5 maggio è uscito il suo D'altri tempi

Ora…provate a chiudere gli occhi e ad ascoltare. Improvvisamente verrete catapultati nei fantastici anni ‘50, in una di quelle sale da ballo animate da uomini con la brillantina e ragazze dalle gonne larghe e ariose.  Sullo sfondo una musica trascinante ed avvolgente: ladies and gentlemen, il rock’n’roll!!! Se li riaprite scoprirete che invece ci troviamo al MEMO Restaurant Music Club, un locale milanese ricavato da un ex cinema-teatro dall’ambiente caldo e accogliente, dove gli arredi originali d’epoca creano un’atmosfera raffinata e suggestiva. Sul palco un genio degli 88 tasti, Matthew Lee, al secolo Matteo Orizi, che offre una performance straordinaria suonando il piano con le mani, certo, ma anche con i piedi e con i gomiti, incantando il pubblico.

Il giovane artista pesarese appena compiuti 11 anni si iscrive al Conservatorio Gioacchino Rossini della sua città e impara a suonare il piano, ma capisce ben presto che quella strada è troppo stretta per lui. Complici l’ascolto dei dischi del padre (soprattutto di Elvis Presley) e la visione del film sulla vita di Jerry Lee Lewis, Matthew si innamora del rock’n’roll e ne fa l’essenza della sua musica. Colleziona in breve tempo partecipazioni importanti a programmi televisivi e Festival e nel 2005 si esibisce al Concerto di Capodanno davanti a 150.000 persone a Roma. Nel 2006 esce l’album di debutto Shake e si impone anche a livello internazionale suonando in tutta Europa ed approdando negli Stati Uniti e in Africa.

La svolta personale ed artistica arriva nel maggio di quest’anno con la pubblicazione dell’album D’altri tempi, il suo “primo vero lavoro discografico”, così da lui stesso definito, dove ha curato ogni canzone e dettaglio con la preziosa collaborazione dei più importanti produttori italiani ed internazionali (Luca Chiaravalli, Claudio Guidetti, Mousse T e Chris, per fare qualche nome). Dodici tracce, sei in italiano e sei in inglese, dove emerge appieno a ritmo di blues, rock’n’roll e country la personalità dell’artista: sempre Pronto a partire, “come satellite in volo” ma, dopo tanto viaggiare e conoscere, desideroso di tornare alla propria casa e agli affetti (Place that j called home). Matthew Lee è personaggio carismatico e comunicativo sul palco, ma nella vita privata, e nelle sue canzoni, lascia intravedere anche il suo lato più fragile  ed“ermetico”, come ben espresso nel brano che ha anticipato l’uscita dell’album Non mi credere (“…se ti dico che non tremo quando sei vicino a me…non mi credere”).  E non manca di omaggiare con una ballata romantica un valore che si va sempre più perdendo, ovvero la Gratitudine: “sei solo e sorridi anche quando piove il mondo, per terra respiri, come un’alba ti solleverai, di ogni pianto di ogni taglio, di una febbre che fa meglio avrai cura e gratitudine”. Insomma, uno spirito D’altri tempi, che ci fa sognare a ritmo di rock’n’roll e ci trasporta “in una seicento coi capelli al vento…come bambini che sognano il circo in un film di Fellini…come nel film La dolce vita, come Marcello ed Anita”. Da segnalare sicuramente la bella versione riarrangiata de L’Isola che non c’è di Edoardo Bennato, riproposta poi a chiusura del disco anche in lingua inglese, dietro suggerimento dello stesso autore, come una sorta di bonus track. Quella che compie questo ragazzo pesarese non è però un’operazione nostalgia: “per quanto mi riguarda essere d’altri tempi non significa rimanere ancorato al passato, ma semplicemente recuperare valori importanti, che forse stavamo rischiando di perdere, il tutto però rivisto in una chiave attuale”. Ed è sicuramente nella dimensione live che Matthew Lee riesce a portare le sue intenzioni e il suo mondo, musicale e non. E continuerà a farlo nei prossimi mesi con un lungo tour, dove, oltre ai grandi successi del passato, grande attenzione sarà dedicata ai pezzi del suo nuovo lavoro. 

Manco a dirlo, protagonista insieme a lui sul palco, il pianoforte, sempre al centro della scena e filo conduttore di tutte le sue canzoni.

“…ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito”.(A.Baricco)

(foto scattate al live del 15 Maggio 2015 al Memo Club di Milano da Luca Carcano. A questo link tutte le altre immagini:www.facebook.com/media/set/


 

 

 


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