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Non di solo Ariston vive il Tenco: il racconto di 4 giorni alla Pigna

Molti gli eventi collaterali alle serate della 46ª ed.

Nel centro storico di Sanremo si respira buona musica

 

Anche la Rassegna Tenco 2023 prosegue, come per gli anni precedenti, nella valorizzazione del patrimonio storico e urbanistico di Sanremo, la città che la ospita, ed in particolare del quartiere Pigna, nel quale sono stati collocati quattro eventi musicali che definire collaterali, per il sol fatto che non si siano svolti fra i drappeggi e le luci del Teatro Ariston, è certamente un errore. Esistono, come sappiamo, contesti musicali che necessitano di raccoglimento e intimità, piccoli luoghi dove musica e parole soffiano e accarezzano il pubblico senza la spinta di particolari effetti scenici o acustici, e che tuttavia risplendono della loro essenza e consistenza. E la ex chiesa, ormai sconsacrata, di Santa Brigida, è uno di questi luoghi che invitano all’ascolto, posta lassù, al culmine di scalinate e salite di non trascurabile impegno, arroccata su un falsopiano di collina e incastonata fra case ed edifici di foggia medievale.

Un dedalo di vie, piazze, balconi, pezzi di vita via via abbandonati negli anni ma che negli ultimi due decenni sono diventati oggetto di un’imponente attività di recupero architettonico e urbano. L’amministrazione ci ha messo del suo, certo, ma la spinta iniziale e la determinazione a continuare e a far rivivere il Centro Storico di Sanremo è arrivato da chi in quel luogo c’era rimasto e soprattutto che lì voleva rimanerci. Motore di tutto questo è stata ed è Pigna Mon Amour, un’Associazione senza scopo di lucro che riunisce un tenace gruppo di cittadini (tra cui spicca l’anima indomita di Chicca Dedali) che continua a tener viva la vita sociale e culturale di questa strategica area di Sanremo. Si, perché la Pigna è il centro antico di fondazione della cittadina ligure, fuori dalle luci, dalle spiagge, dalle vetrine, dal Casinò, dal teatro e dal corso, perfettamente lastricato, di Via Matteotti. Sorto intorno all’anno mille e opportunamente abbarbicato per sfuggire alle razzie costiere dei saraceni e non solo, su una collina che fa da vedetta al litorale, si snoda in anelli concentrici con passaggi coperti, cortiletti, archi, fontane e scalinate, in un susseguirsi di architetture ardite, quasi come sospese al corso sinuoso della Via Palma, l’arteria maestra del borgo, che oggi è un centro pulsante di vita, costellata da osterie, trattorie e cocktail bar.

E poi c’è la Chiesa di Santa Brigida, di origine cinquecentesca, a navata unica rettangolare, barocca nelle intenzioni, ma oggi dall’aspetto assai semplice, ad opera del restauro del 2009 che ne ha restituito l’antico decoro. Un luogo che rivive nella funzione di centro culturale, sede di manifestazioni ed eventi artistici e musicali, anche grazie all’entusiasmo della già citata Associazione Pigna Mon Amour, che collabora col Club Tenco per la realizzazione degli eventi musicali in Santa Brigida, in particolar modo proprio nei giorni in cui si svolge la kermesse del Premio Tenco.

 

E vediamoli allora gli eventi che si sono succeduti quest’anno, tutti racchiusi con il sottotitolo “Il vespro alla Pigna”. Quattro in tutto, ad iniziare da quello di mercoledì - che ormai da qualche anno precede le tre canoniche serate all’Ariston - fino al sabato, tutti con inizio sempre alle ore 18.00.

 

E parlando di Mercoledì 18 ottobre vi raccontiamo del live di Federico Sirianni, del suo ‘Concerto Summa’, affiancato da Veronica Perego al contrabbasso e da Valentina Quarta alle voci e percussioni. Sirianni, cantautore genovese di vecchia scuola (ma con lo sguardo dritto e aperto nel futuro come diceva Pierangelo da Sassuolo), sembra chiudere un cerchio in quanto proprio trent’anni fa esordì sul palco del Premio Tenco, premiato per il Miglior disco d’esordio e adesso, dopo diversi album alle spalle (e l’ingresso in cinquina delle Targhe Tenco 2022 per il miglior disco con l’album Maqroll), ha riscosso il meritato omaggio a una carriera che immaginiamo ancora lunga e fruttuosa. L’improvvisa indisposizione di Tosca, nella serata finale di sabato 21 ottobre gli ha anche assicurato uno slot al Teatro Ariston, interpretando Sfiorisci bel fiore in omaggio a Enzo Jannacci, ed un suo brano ancora inedito, La promessa della felicità.
Il mercoledì, che non prevede una serata al Teatro Ariston, ha però offerto una splendida occasione per ascoltare buona musica. Nel Teatro del Casinò, infatti, si è tenuto un concerto di Olden, che accompagnato dall’Orchestra Sinfonica di Sanremo ha ripercorso la storia del Festival di Sanremo attraverso i brani più significativi che hanno partecipato in questi 70 anni e che in qualche modo sono riconducibili alla migliore scuola della canzone d’autore. Bravo lui e un plauso all’orchestra. Nella mattinata, invece, c’era stata la Masterclass al Teatro Ariston dove circa 1.500 studenti avevano assistito all’incontro con Paolo Jannacci ed Enzo Gentile, autori di un libro dedicato ad Enzo Jannacci. Oltre a loro due, presente anche Giorgio Verdelli, regista del pluripremiato docu-film 'Enzo Jannacci. Vengo anch'io' (pellicola che poi verrà trasmessa il sabato pomeriggio). Insomma, un'occasione perfetta per raccontare ai giovani la monumentale figura di questo cantautore milanese. Un mercoledì ricco di cose interessanti e che il pubblico di ogni fascia d’età ha apprezzato. Un bel modo di iniziare la 46ª edizione del Premio Tenco.

 

Torniamo agli appuntamenti in “Pigna". Giovedì 19 è stata invece la volta di Paolo Capodacqua, virtuoso chitarrista e cantautore abruzzese, che per decenni ha intessuto con le sue corde le morbide armonie musicali del mai troppo compianto Claudio Lolli, senza mai abbandonare del tutto una produzione autonoma, costellata anche da alcuni lavori dedicati ai più piccoli, lavorando con testi di Gianni Rodari. Non soltanto quindi lo scudiero di un pilastro della canzone d’autore, ma un artista nel pieno della sua maturità, che compone musica e parole con misura, talento e raffinatezza, dipingendo acquerelli di cronaca e storia di grande impatto emotivo. Reduce dagli unanimi consensi del suo album Ferite&feritoie, (uscito nell’autunno del 2021 con la produzione di Rambaldo Degli Azzoni per Storie di Note Fr., leggi la recensione), a cui ha fatto seguito un lungo tour, Paolo incanta ogni qualvolta imbraccia la sua sei corde. Riesce a creare un feeling speciale con il pubblico che lo ascolta e la magia si è ripetuta anche alla Pigna. Accompagnato da Giacomo Lelli al flauto e Giuseppe Morgante al piano e sax, scandendo con quella nitidezza che richiama De André, uno ad uno ha presentato alcuni tra i suoi brani più belli e suggestivi, fra i quali Per questo mi chiamo Giovanni (il riferimento è a Giovanni Falcone), Gli occhi neri di Julia Cortez, Gli amanti segreti, e l’ultimo, bellissimo brano, Gianni Rivera, che farà parte del prossimo album in preparazione. Le corde hanno vibrato, il pubblico, che gremiva ogni anfratto di Santa Brigida, era estasiato e plaudente. Anche lui, come Sirianni, “grazie” all’assenza di Tosca il sabato sera (che ha dovuto dare forfait all’ultimo momento perché ammalata), ha avuto l’opportunità di esibirsi davanti al grande pubblico dell’Ariston nella serata finale, e per l’occasione ha interpretato da par suo Vincenzina e la fabbrica, gioiello esistenzialista di Enzo Jannacci, e la sua L’uomo senza nome, accompagnato da Marco Susini al piano. Anche qui, applausi scroscianti per un artista prezioso che, volendo parafrasare un noto slogan commerciale degli anni dieci, vende sia i sogni che solide realtà.

 

Venerdì 20 fa finalmente capolino il sole sul ponente ligure da allerta arancione, e con esso alla Pigna si schiude il concerto di Armando Corsi, classe 1947, conosciuto come la “chitarra che sorride”, una vita artistica fra le osterie dei carrugi genovesi, le sonorità brasiliane e centinaia di concerti a far da spalla ai mostri sacri della canzone d’autore nel periodo d’oro. Accompagnato dal pianista Marco Spiccio e dalla voce narrante di un “guru” del Club Tenco, Sergio Secondiano Sacchi, ha dato vita ad un‘ora abbondante di grande pathos e poesia. Sergio Sacchi, da par suo, studioso e amante com’è del mondo sudamericano, ha unito i fili di questo ponte immaginario fra la canzone di scuola genovese e le coeve melodie della bossa nova d’oltre Atlantico, inframmezzando i brani con gustosi aneddoti e con una messa a fuoco d’insieme fra i generi, gli artisti delle due sponde, e le città di Genova e Rio de Janeiro. Ma oltre al sentito omaggio a quel mondo così lontano e, come abbiamo visto, in fondo così vicino, Armando Corsi celebra anche i “nuovi cantautori genovesi”, che si incunearono nella tradizione melodica della canzone italiana con l’intento di scardinarla, dimostrando che si poteva cantare in altra maniera, senza ugole d’oro e voci impostate.

 

E per farlo attacca con le note di Quando (Luigi Tenco), proseguendo con Arrivederci (Umberto Bindi), virando poi verso il Brasile di fine anni cinquanta, denso di fermenti culturali ed artistici in ogni campo, anche musicale. Lo confermerà il consolidarsi, in un contesto sociale avido di novità, della bossa nova (onda nuova), una diversa declinazione del samba, più sussurrata e colloquiale, armonicamente vicina al cool jazz, i cui capostipiti furono Carlos Jobim e Vinìcius de Moraes, del quale Corsi interpreta la languida Eu sei que vou te amar, per poi riapprodare in Liguria con Senza fine di Gino Paoli e con Sia benedetto il samba di Bruno Lauzi, con Armando sorridente (non è solo la sua chitarra che ride, ma lo è anche la sua predisposizione solare alla vita) che gioca sulle affinità fonetiche tra il dialetto genovese ed il portoghese brasiliano. Il concerto prosegue con dei must dei due generi interpretati “a specchio”, Garota de Ipanema, Creuza de mä, O que che serà, di Chico Buarque, per finire con Come due somari, musica di Armando Corsi, testi di Samuele Bersani e qui il cerchio della musica d’autore fra le due sponde può felicemente concludersi. Applausi.

 

Si arriva così all’ultimo appuntamento, nel pomeriggio della serata finale: sabato 21 è di scena la cantautrice milanese Patrizia Cirulli che ha messo in musica dieci poesie di Eduardo De Filippo (dieci brani raccolti nell’ultimo album Fantasia, uscito per Squilibri Editore e finalista Targa Tenco 2023 per l’album in dialetto). Ora, da una artista milanese, pur bravissima, un napoletano si aspetta (teme, direi) un’interpretazione della lingua un po’ sui generis, raffazzonata, colma di buona volontà ma, malgrado tutto, incerta, incespicante. E invece. E invece Patrizia Cirulli - accompagnata dal talentuoso Marcello Peghin alla chitarra - riesce a padroneggiare il dialetto con una sorprendente maestria e naturalità. Ascoltando quei brani, si ha la netta sensazione che Patrizia sia riuscita ad entrare veramente nell’anima di quei testi di Eduardo, confezionando musiche e melodie centratissime. Un’alchimia fra testo e note che viene completata dal raffinato lavoro degli arrangiamenti (ad opera di Marcello Peghin), per un risultato finale che è una magia di suoni, di versi, di colori e di emozioni che è persino difficile da raccontare da dietro una tastiera. C’è che il suo disco è davvero bello, e c’è che lei dal vivo lo canta con rispetto e trasporto, e non sbaglia nulla, non una pausa, non un accento, non una nota. Poi, i versi di Eduardo, ça va sans dire, fanno il resto. Versi che Patrizia sistematicamente declama, tradotti in italiano prima di ogni brano, così che anche il pubblico se ne impossessi prima di ascoltarli. E ci canta quasi tutto il disco, da E allora bevo, a Relogio Cumpiacente, a Io vulesse truvà pace (su disco con la struggente voce di Fausta Vetere della NCPP), a Si t’o ssapesse dicere e poi L’ammore che d’è (brano che su disco vede il duetto con Dario Sansone dei Foja) oppure ancora ‘E margarite o Quanno parlo cu’ te, aggiungendo poi qualche brano del suo disco precedente, Mille baci, e omaggiando infine Enzo Jannacci con un'intensa interpretazione, finalmente in lingua madre, di El purtava i scarp del tennis. Sedie (e cuori) che scricchiolano dalle emozioni, la sorpresa negli occhi che si specchiano in altri occhi. Sipario.  

 

Cosa dire in conclusione, poche cose brevi, visto che siamo andati lunghi. Che la Rassegna del Tenco resta un punto di riferimento per la qualità che riesce a portare sul palco. Sui palchi grandi e su quelli più raccolti. Che l’assioma Premio Tenco uguale Teatro Ariston, per esempio, è ormai superato nei fatti più che nelle intenzioni. Di questi eventi in Pigna ogni pomeriggio vi abbiamo detto, ma anche le conferenze stampa e gli incontri pomeridiani nella sede del Club sul lungo mare, oppure alcune mostre, sono diventati sempre di più momenti catalizzanti e formativi della rassegna. E poi diciamocela tutta, assistere a tre, quattro giorni così intensi vale sempre il viaggio (anche se raggiungere Sanremo per molti è un “bel” viaggio… a proposito, quando finiranno di sistemare le autostrade liguri e di migliorare orari e treni che transitano da Levante a Ponente?). Ma aggiungiamo anche che il rientro è lieve e leggero, perché le emozioni non pesano, il passo è spedito e, adesso che è finita, già pensi all’anno che verrà.

 

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Crediti foto:
Olden (Renzo Chiesa)
Federico Sirianni (Archivio Club Tenco)

Paolo Capodacqua (Archivio Club Tenco)
Armando Corsi (Archivio Club Tenco)
Patrizia Cirulli (Viviana Berardi)


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