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Quattro giorni di grande musica e un finale amaro per la scomparsa di Staino

Racconto e riflessioni sulla 46ª edizione del Premio Tenco

Vignette dal Premio Tenco 2023

 

Gli estremi di questo particolare fine settimana sanremese si racchiudono in alcune immagini. La prima, in bianco e nero, è stata stampata nel 1981 su ‘Linus’ e poi su ‘il Cantautore’, rivista che il Club Tenco pubblica in occasione della Rassegna della Canzone d’Autore. Un’altra, colorata di rosso, è stampata nella recente edizione della stessa rivista: una vignetta del Tenco 2008, dedicato a Bardotti, che inneggia ai Pan Brumisti di Sergio Sacchi e Antonio Silva ma, soprattutto, ai vini del Monferrato. Nelle stesse pagine ci sono le lettere toscane di Paolo Hendel e David Riondino e alcuni schizzi, ‘Segni da un letto d’ospedale’. L’ultima immagine, invece, è stata proiettata sul fondale dell’Ariston lo scorso 21 ottobre per l’ultima serata del Premio Tenco 2023. In mezzo ci sono oltre 40 anni di amicizia passati senza mai marcare visita. Un’amicizia nata in un’altra particolare giornata sanremese dedicata a Paris Milonga di Paolo Conte e raccolta tutta, commossa, in un tango e in quell’ultima frase di Bobo. «Sono il raccattapalle del mio destino». Il sipario stavolta non si è chiuso.

A Sergio Staino, muchacho y compañero.

 

 

Il Premio Tenco 2023 ha celebrato Enzo Jannacci a dieci anni dalla morte. Dopo la masterclass di mercoledì 18 ottobre (ormai da qualche anno il Tenco inizia il mercoledì e dura quindi quattro giorni e non tre, leggi qui l'articolo che racconta gli eventi collaterali, compresi quelli in Pigna) con Paolo Jannacci, Paolo Tomelleri, Enzo Gentile e Giorgio Verdelli - di cui è stato proiettato il docufilm Enzo Jannacci Vengo anch’io - nelle tre serate all’Ariston l’omaggio ha vissuto momenti diversi. Primo in ordine di tempo il set di Paolo Jannacci, a cui la SIAE ha donato lo spartito del primo brano depositato dal padre, Benzina e cerini (brano scritto da Enzo insieme a Giorgio Gaber, che lo portò in gara a Sanremo nel 1961 in coppia con Maria Monti) Il Tenco ha poi chiesto a tutti gli ospiti di ricordare il cantautore milanese nei rispettivi set.

 

Gli Almamegretta hanno riletto Gli zingari, Eugenio Finardi ha interpretato con spasso e qualche intoppo L’Armando, Federico Sirianni ha aperto la sua esibizione con Sfiorisci bel fiore, Paolo Capodacqua ha cantato e suonato Vincenzina, Leti Dafne ha giocato con Ci vuole orecchio. Gli esiti più affascinanti sono stati raggiunti da Daniela Pes (qui sotto nella foto), che ha portato nella sua estetica vocale Si vede, e da Vinicio Capossela, protagonista di una avvincente versione di Giovanni telegrafista. Peccato che non tutti abbiano accolto la proposta, in particolare Carmen Consoli, che ha preferito omaggiare la Sicilia di Rosa Balistreri, e Niccolò Fabi. In ogni caso, rimane l’eccezionalità di un artista geniale, sempre a cavallo tra ironia e dramma, che ha fatto della canzone uno spettacolo.

 

La beffarda e tragica congiunzione che ha reso orfano il Tenco del suo Presidente proprio durante la Rassegna ha affaticato il quarto e ultimo giorno. L’unica giornata soleggiata di questa edizione, investita e oscurata da una grande lente di lutto. Nonostante la gravità della mattinata e l’enorme commozione che ha avvolto la sede del Club, il motore ha spinto i presenti all’ultima serata di spettacolo attraverso la tavola rotonda intitolata ‘L’inflazione della musica – lo sviluppo delle piattaforme digitali e l’accrescimento esponenziale dei cantautori italiani’ (potete rivederla cliccando qui). Condotti da Steven Forti, hanno partecipato Michele Neri (qui sotto nella foto della sera precedente mentre consegna il Premio Tenco a Finardi), che poco prima aveva presentato il suo dizionario sui cantautori e sulle cantautrici del nuovo millennio, Paolo Talanca, il nostro direttore Francesco Paracchini, l’avvocato Eleonora Teodora Russo (Nuovo IMAIE), Emanuele Felice (storico dell’economia) e Stefano Senardi, con un cameo finale del direttore artistico Sergio Secondiano Sacchi.

 

L’incontro ha cercato di analizzare l’attualità della canzone italiana partendo dall’aumento della produzione. Una crescita numerica figlia della tecnologia, della crisi della discografia, dello strapotere economico delle piattaforme, del cambiamento dei linguaggi e dei modi di fruire la musica. Un allargamento dell’offerta che da un lato ha contribuito ad abbassare la qualità media e dall’altro ha creato una frammentazione in cui l’emersione dei progetti validi diventa difficile se non impossibile. Nelle battute iniziali la discussione ha restituito uno spettro di problematiche concrete che coinvolgono tutta la filiera musicale: il ruolo sempre più difficile della critica nel cogliere la validità di un progetto, la necessità di stabilire regole per restituire alla musica una dignità artistica che si è smarrita nella rincorsa ai numeri, l’importanza di normare il sistema sia nella retribuzione sia nella tassazione degli incassi. Dal dibattito sono emersi alcuni concetti chiave. L’importanza dei presidi culturali come il Tenco, che devono assumersi la responsabilità di prendere una posizione e non lasciare il timone alle mode. La centralità della scuola come veicolo per la musica (le masterclass del mercoledì di Rassegna sono perfette in quest’ottica). La necessità di formazione per gli artisti al fine di rafforzare una coscienza di categoria. L’urgenza di tutelare i luoghi in cui vive la musica indipendente ed emergente, per interrompere il circolo vizioso che l’ha ridotta a contorno enogastronomico.

A parere di chi scrive, però, il dibattito si è smarrito in due punti. Il primo è lo stanco confronto tra un presente che non ha poco da dire e un passato che ha detto tutto. Se le canzoni oggi non si impongono nella realtà sociale come negli anni Sessanta e Settanta, il motivo è che non siamo più negli anni Sessanta e Settanta. Viviamo il regno dell’individualismo, una realtà frammentata e magmatica in cui i movimenti collettivi non resistono. Premesso che ognuno sceglie l’epoca d’oro che preferisce, l’apologia del passato non appare così costruttiva. Il secondo punto collega l’aumento del numero di auto produzioni solo al fatto che gli artisti non si rivolgono più a un produttore e sono restii al confronto sulle proprie creazioni. Certamente il confronto artistico è importante, ma forse la realtà ha più facce. Gli artisti, anche quelli di media visibilità, scelgono l’auto produzione solo perché così tagliano una spesa al budget? Oppure perché le etichette, i management e i booking (salvo alcune eccezioni) non prendono in considerazione nulla che non garantisca un successo immediato? La critica musicale è utile in questo confronto? Contribuisce a creare una rete oppure si perde nell’autoreferenzialità? È chiara la bontà di un dibattito del genere, soprattutto se avviene al Premio Tenco. L’auspicio è che ci si accorga che a quel tavolo mancavano due attori: gli artisti che sì, erano in platea ad ascoltare, ma forse sarebbe stato meglio farli parlare, e le giovani generazioni di fruitori e di addetti ai lavori che avrebbero potuto ampliare la visione su un’attualità che non è così vuota come la si vuole dipingere. È solo falcidiata dall’imbarbarimento della comunicazione.

 

Nonostante l’inerzia tangibile di alcune considerazioni sulle nuove produzioni, il Tenco è una realtà culturale capace di assorbire le contingenze sociali e porta in Rassegna le proprie posizioni. Non è solo una questione di canzoni ma guarda all’arte in senso più ampio. L’arte figurativa di cui Sergio Staino era un campione ha spesso contribuito ad aggiungere temi laterali che poi tanto laterali non sono. La scenografia del pop artist cinese Xu De Qi (qui rappresentata da una donna fiera circondata da lupi), ha permesso di ribadire che la violenza contro le donne è una barbarie da interrompere ieri. La collaborazione con Amnesty International che accompagna il premio Yorum, assegnato agli artisti che lottano per i diritti umani, è una proposta da potenziare anche in altri contesti. Aeham Ahmad, pianista siriano-palestinese (in alto nella foto), ha portato lo strazio dei profughi, il dolore della guerra che sta devastando il Medio Oriente e i soprusi dell’integralismo. Anche qui è l’immagine a fare sintesi: la copertina del “Cantautore” è una foto che lo raffigura mentre suona il pianoforte in un quartiere di Damasco ridotto in macerie. La sua esibizione all’Ariston è stata forse il momento più toccante della Rassegna, sia per la qualità della musica suonata sia per il sorriso dolce di questo ragazzo palestinese che parla tedesco perché è emigrato a Francoforte dopo che l’Isis ha incendiato il suo piano
(qui una sua presentazione fatta dal TG3
https://www.facebook.com/tg3rai/videos/3479130705680404/)

 

In quel dibattito si è parlato della necessità di una critica più forte, dicevamo. Non in senso fisico, ovviamente, tanto meno in termini di individualismo. Una critica più solida, che si assume le proprie responsabilità e che ascolta cercando di assottigliare i propri pregiudizi. Una critica che dovrebbe comporre il nucleo militante della Giuria che assegna le Targhe Tenco e le riconosce non come premio da rodeo ma come fatto democratico. Nella consueta serata a loro dedicata (che ormai da qualche anno è sempre il giovedì), Alice ha presentato con eleganza e classe una selezione di “Eri con me”, album omaggio a Battiato, regalando una versione pressoché definitiva di E ti vengo a cercare. Niccolò Fabi ha costruito un set intimo (nella foto in alto uno scatto preso durante le prove del pomeriggio), accompagnandosi con la chitarra e giocando con gli effetti della voce. Ha dedicato la sua Targa all’importanza delle scelte che vanno oltre l’ispirazione, chiudendo proprio con la miglior canzone dell’anno, Andare oltre. Gli Almamegretta, miglior album in dialetto con Senghe, hanno portato in scena l’universalità della lingua partenopea, cantata dal timbro cavernoso di Raiz.

Marco Rovelli ha ritirato la Targa per l’album a progetto per Nella notte ci guidano le stelle. Canti per la Resistenza (in sostituzione di Mimmo Ferraro di Squilibri, editore del progetto, rimasto a Roma perché ammalato), sottolineando come “resistere” non è solo un verbo da abbinare a un periodo storico ma un modo di stare al mondo. Checché se ne dica, il progetto con cui Daniela Pes ha vinto la Targa per l’opera prima (qui trovate la nostra recensione) è un’importante operazione culturale, e le sue capacità vocali hanno brillato in una Rassegna orfana di proposte anagraficamente nuove. Rimane forse un interrogativo sulle direzioni che la cantautrice sarda potrà prendere in futuro, ma il suo “Spira”, imperniato sulle potenzialità del suono, traduce una poetica affascinante.

 

Impegnato nel tour ‘Con i tasti che ci abbiamo’, Vinicio Capossela (qui sopra nella foto), si è esibito eccezionalmente sabato 21, chiudendo l’ultima serata. Dopo le peripezie allegoriche di “Ballate per uomini e bestie”, il pangermanico ha rivinto la Targa per il miglior album con un progetto da cantautore di alta scuola. Di quelli dove il vissuto collima con il cantato e il poetico realismo rappresenta tutte le crepe dell’attualità. In formazione quasi completa rispetto al tour (mancava solo il sassofono), Capossela ha selezionato alcune delle sue “Tredici canzoni urgenti” (qui trovate la nostra recensione). Fra tutte citiamo La cattiva educazione, presentata insieme a Margherita Vicario e accompagnata da un videoclip uscito proprio nei giorni della Rassegna.


 

Vinicio si è lasciato trasportare dal visibilio del pubblico regalando un’arrembante versione di Che coss’è l’amor, con Antonio Silva appoggiato al pianoforte. In un’edizione aperta dalla lettura del testo di Oltre il ponte per celebrare il Calvino autore di canzoni nei cent’anni dalla nascita, con il disco di Capossela si riscopre anche il Calvino commentatore. Il refrain su cui è incentrata l’opera, cantato in Ariosto governatore, arriva proprio da una frase con cui lo scrittore nato a Cuba interpretava il passo di Astolfo sulla luna. Come diceva Luttazzi, è il cantautore che non ci meritiamo.

Della luna racconta anche il brano (La luna, appunto) con cui Angelo Branduardi si era presentato al Tenco nel 1974, risuonato dal Menestrello per aprire la serata del venerdì e ritirare il Premio Tenco 2022. Per questi riconoscimenti, ma non solo, negli ultimi anni le scelte del Direttivo sono state molto discusse. Questa edizione ha consegnato in modo sostanzialmente sereno il Premio Tenco a Ron, che ha cantato la sigla Lontano lontano e ha celebrato gli oltre 50 anni di carriera con un lungo set in cui ha anche omaggiato Lucio Dalla con Piazza grande. Il Premio è stato assegnato anche a Eugenio Finardi, che lo ha dedicato a tutti i suoi musicisti, in una sorta di amore cosmico manifestato dalla suite con cui ha avvolto l’Ariston.

 

Premio Tenco anche per Carmen Consoli, che ha suggellato nel migliore dei modi i 30 anni di carriera. La cantautrice siciliana ha dato prova della maturità raggiunta dal suo canto da Parole di burro a Le cose di sempre, passando per due perle come Mio zio e ‘A finestra. Come suona la chitarra la Cantantessa. Sublime. Il Premio Tenco all’operatore culturale Renzo Arbore ha salutato l’Ariston con un video messaggio. Il Premio Tenco internazionale è stato assegnato a Tom Zé, signore-bambino di 87 anni, figlio del Brasile più povero e reietto dei tropicalisti (qui sotto accompagnato dal suo chitarrista), dimenticato da tutti mentre gli altri diventavano star internazionali. Ultimo baluardo dello spirito del tropicalismo, all’Ariston ha persino cantato l’elenco telefonico di Sanremo (e non è una battuta). Un eroe.

 

Durante le tre serate c’è stato spazio per gli altri artisti invitati dal Club. Leti Dafne, giunta alle orecchie del Direttivo attraverso il Tenco Ascolta con il suo progetto che mescola rap e canto lirico (qui in basso nella foto insieme al violinista Mattia Mugnai); Flavio Giurato, artigiano della canzone che ha portato in scena il suburbio e la Roma della Resistenza; Armando Corsi, chitarrista di Ivano Fossati e voce narrante della scuola Genovese. Spazio anche per Paolo Capodacqua, storica chitarra di Claudio Lolli e musichiere di canzoni per bambini e a Federico Sirianni, erede dei genovesi, che hanno colmato il vuoto lasciato da Tosca, purtroppo assente. Patrizia Cirulli, milanese, ha presentato Fantasia, progetto in cui ha musicato le poesie di Eduardo De FIlippo. Questi ultimi nomi sono stati protagonisti anche dei concerti pomeridiani alla Chiesa di santa Brigida, nel quartiere storico della città. Ma ve li racconteremo in un articolo dedicato.

 

Il Premio Tenco (non) ha chiuso il sipario sulla sua 46° edizione con diverse deviazioni rispetto ai rituali più consolidati. Antonio Silva è stato affiancato alla conduzione da Paolo Hendel con risultati altalenanti in termini di gestione del palco. Il dopo Tenco ha ridotto il suo spazio all’ultima serata, animata da vecchi e nuovi amici e dai vini del Monferrato, come in quell’edizione del 2008 disegnata nella vignetta di Sergio Staino.

Nel frattempo, mentre l’ultima immagine di Bobo resta accesa sul fondale, rimane una sensazione di incompiutezza che forse è più la percezione di un rischio da evitare. Quello di fermarsi a una manifestazione per addetti ai lavori che non riesce, seppur applicandosi, a intercettare a pieno le nuove suggestioni che il presente offre, sia per limiti propri sia per un po’ di fatalismo generazionale. Il Tenco Ascolta, per esempio, potrebbe essere il bacino da cui estrarre non uno ma tre artisti, uno per ogni serata. Potrebbe essere utile allargare gli orizzonti sul territorio, intensificando le collaborazioni con le realtà più operative e intercettando le forze più attive in termini di critica e discografia. Noi dell’Isola, per esempio, da anni diciamo che ci sono molti Premi che sfornano vincitori e/o finalisti meritevoli di attenzione da cui anche il Tenco potrebbe cogliere spunti di approfondimento. Un rinnovato invito a creare una rete più eterogenea da usare non per pescare a strascico nell’inflazione ma per vivere con più ottimismo il presente e il futuro, senza abbandonarsi al rammarico per un passato che in ogni caso non tornerà. Perché quel particolare fine settimana di ottobre abbia sempre un destino. Anche senza raccattapalle.

 

 

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Crediti foto:
Paolo Jannacci (Manuel Garibaldi)

Daniela Pes (Renzo Chiesa)
Eugenio Finardi (Manuel Garibaldi)

Aeham Ahmad (Raffaella Vismara)
Niccolò Fabi (Mauro Vigorosi)
Vinicio Capossela (Viviana Berardi)
Vinicio Capossela con Antonio Silva (Mauro Vigorosi)
Carmen Consoli (Renzo Chiesa)
Tom Zè (Giuseppe Verrini)
Leti Dafne (Mauro Vigorosi)


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