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Arianna Antinori, vincitrice di un contest internazionale dedicato a Janis Joplin, è il nome nuovo del rock-blues

Sabato 09 marzo live a Parabiago

Voce e carisma per far rivivere la grande musica

 

Sentir cantare Arianna Antinori vuol dire entrare con un treno dentro la musica rock-blues più vera e profonda. Vederla dal vivo, poi, significa ripercorrere le stazioni che ne hanno fatto la storia.

Accostata per impeto, voce e fisicità a Janis Joplin, Arianna incarna tutto il sound degli anni Sessanta e Settanta, ma lo fa in modo così naturale e genuino che il suo nuovo album, omonimo, è solo una parte di questo mondo. Il resto è il suo live, travolgente, che non lascia indifferenti. L’abbiamo incontrata prima della sua data alla 3ª edizione di Parabiago d’Autore,  la rassegna curata dalla testata L’Isola che riesce ad unire nomi nuovi e artisti storici senza circoscrivere in un solo “genere” le proposte. Unico criterio: valorizzare artisti italiani.

 

Arianna Antinori suonerà SABATO 09 MARZO, presso la Sala Biblioteca (Via Brisa, 1) a Parabiago (MI).

Arianna sarà accompagnata da Giovanni De Roit e Davide Repele alle chitarre e Marco Pandolfi all'armonica.

In apertura di concerto set acustico di Jama (alias Gianmario Ferrario), polistrumentista di matrice folk-blues.

Ingresso gratuito.

 

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Ascoltandoti, Janis Joplin viene più evocata nel pathos, quasi un senso spiritico, che non richiamata, copiata. Come è avvenuto l’incontro “ideale” con lei?

Era il mese di luglio del 1996, io e tutta la mia famiglia ci trasferimmo da Velletri a Vicenza (contro la mia volontà... ero una 16enne molto ribelle...) e in quel viaggio ci fermammo per le ferie a Quercianella in provincia di Livorno. Un giorno, mentre suonavo la chitarra, mia madre mi disse: “sai Arianna, dovresti ascoltare Janis Joplin, tuo zio Jim in Texas ci andava a scuola insieme”. Prima di allora non avevo mai sentito parlare di Janis Joplin (qui sotto a sinistra in una foto d’epoca). Qualche giorno dopo andai a casa di un mio amico, Tommy, mentre fantasticavo con la mente tra incensi e tende indiane una musica iniziò a suonare, era Cry Baby.. Non vidi e capii più nulla, andai letteralmente in trance… onestamente non posso descrivere a parole cosa mi sia successo, ma il forte ricordo di quel momento, con il tempo, non scompare mai. Grazie a lei ho capito che, ecco, questo è quello che io intendevo per “essere” musica; lei era vera, potente e dolce, aggressiva e mai stridula ma piena, qualcosa di unico. Quando chiesi il nome di questa donna lui mi rispose, è Janis Joplin. E da quel giorno non ci siamo più ‘lasciate’.

 

Se Bessie Smith o Big Mama Thornton furono muse per Janis tu che rapporto hai con il blues delle origini?

Hai citato due nomi, due artiste che adoro e mi hanno dato tanto, ma devo molto anche a Mahalia Jackson, Sister Rosetta Tharpe, Odetta, Billie Holiday, non da meno per lo stile e la naturalezza, Lucille Bogan e Sweet Emma Barrett, ma in Janis ho trovato un concentrato di tutte!

 

Hai avuto l’onore di poter pubblicare sul tuo lavoro un inedito di Janis, Can’t Be The Only One, direttamente autorizzata dalla sua famiglia. L’interpretazione è delicata, quasi affettuosa, aiutata anche dal carattere di ballata del brano ma che poi sfocia in un crescendo finale quasi disperato. Immaginavi di parlarle quando l’hai registrato?

Aver avuto il permesso da Dave Getz il batterista dei Big Brother and The Holding Company (la storica band che accompagnò Janis nei live e che ancora oggi suona in tutto il mondo n.d.r.) ed essere la seconda al mondo ad aver avuto l'onore di incidere questo brano è stata una realtà che è andata oltre ad ogni tipo di sogno. Mettere voce ad un brano scritto da Janis che lei non cantò mai non è cosa da poco. Avevo e sentivo una consapevole responsabilità, che faceva il paio con un legittimo senso di paura pensando di non essere all'altezza. E poi si, come mi chiedevi tu ho avuto la sensazione di averla lì davanti a me...mi rimarrà per sempre nel cuore quella strana sensazione...

 

Stai portando in tour vari progetti, tra cui uno con il quale hai recentemente dato luce ad un disco di brani originali; qui il rock si fa a tratti hard ricordando anche i Led degli anni ’70, soprattutto per l‘energia  trasmessa. Si tratta di un cammino parallelo rispetto al blues di partenza?

La musica, per come la intendo io, è – e deve restare - sempre in evoluzione. Tanta musica deriva dal blues e il mio progetto non è altro che un evoluzione dei miei gusti musicali; amo tutta la musica ma il cuore rimane sempre ancorato al blues e al rock in generale, con stili e suoni privi di barriere o compromessi! Per il concerto che farò a Parabiago il 09 marzo, all’interno della rassegna Parabiago d’Autore, verrò con una formazione ridotta e proporremo soprattutto cover anni 60/70 con solo qualche brano dell’album d’inediti. Io alla voce, con alle chitarre Giovanni De Roit e Davide Repele e il grande Marco Pandolfi (qui nella foto) all'armonica il quale ha fatto parte del mio album.

 

Per quel che emerge dai “solchi” del tuo ultimo lavoro, la tua arte appare lontana da quella sensibilità hippy che apparteneva al periodo di Janis. Il tempo è trascorso e si è diventati meno ingenui?

Sono 13 anni che canto con la mia band ma è da quando sono piccola che vivo insieme alla musica, mi sento hippy dentro e con il tempo sono maturata, è cresciuta con me anche la mia cultura e le mie idee musicali. Se avessi inciso un album solo tre o quattro anni fa, penso che sarebbe risultato un disco di pura ed incomprensibile psichedelica, anche se….non si sa mai che in futuro non possa accadere!

Sono sicura che anche la grande Janis o il grande Jimi si sarebbero evoluti magari diversamente da quello che noi volevamo o che ci aspettavamo da loro se fossero rimasti qui tra noi. Non è mai facile pubblicare un disco. Un disco rimane per sempre e presentarsi al mondo con un disco a proprio nome è una ‘responsabilità’, artistica e umana. E lo è ancor di più se è autoprodotto, quando non hai particolari filtri tra quello che vorresti fare e il risultato finale.

In questo caso, ad esempio, siamo ritornati ad usare tutta una strumentazione originale vintage, proprio per avere una autenticità vera, il prodotto deve rispecchiare tutto in sé, il passato il presente e anche preveggenze sul futuro. Un disco non ha una data di scadenza, noi sì. Ogni giorno noi siamo in evoluzione e rendere qualcosa di “nuovo” con vecchi strumenti è stata una bellissima e psichedelica sfida.

 

 

Rabbia, speranza, divertimento, riflessione; che peso daresti a queste categorie all’interno della tua espressione artistica?

Tutti gli aggettivi che hai elencato hanno lo stesso valore tra di loro nella mia visione della musica. Anche se diversi, sono momenti di vita dove tutti hanno la stessa forza ed importanza. Mi capita spesso di passare da un blues sofferto ad una canzone più sbarazzina e divertente, ma la riflessione, la rabbia il divertimento e la speranza si fondono sempre in una sola ed unica grande parola, la musica. In ogni canzone si possono ritrovare tutti questi aggettivi, basta accorgersene. Comunque il divertimento è sempre al primo posto.

 

Il combo con cui hai realizzato il tuo ultimo progetto garantisce eccellenti basi musicali, il lavoro tuttavia rifugge da virtuosismi o sovra espressioni strumentali; in che cosa consiste il valore aggiunto dei musicisti tuoi partner?

Sono del parere che la musica è come un buon piatto: non basta che gli ingredienti siano freschi e genuini (anche se questa è la base…), se non si dosano bene, il piatto può risultare immangiabile.

In un mondo dove tutto è al top, con Marco Fasolo (qui in una foto dopo un concerto) e Jean Charles Carbone, i miei due principali collaboratori, abbiamo cercato di dare il giusto peso alla musica e lasciare spazio anche all'immaginazione, convinti che ogni pausa è una nota da ascoltare.

Non abbiamo voluto strafare con assoli o cose che risultassero difficili da capire, anche se in una canzone, e non solo, ci sono 96 tracce di strumenti diversi, cori e quant’altro... La mia voce è già abbastanza invadente di suo e non abbiamo voluto alterare la musica oltre a quello che abbiamo creato. La struttura di ogni canzone nasce per dare un prodotto fresco e diretto all'album, ma allo stesso tempo, nei live, ogni canzone ha la facoltà di poter essere arrangiata e rivissuta aggiungendo assoli e virtuosismi psichedelici con quasi tutti gli strumenti!

 

“The Turtle Blues”, “The Davids” e “Big Brother and the Holding Company”, i tuoi tre progetti in essere. Sono equivalenti o al momento esiste una scaletta delle tue priorità di sviluppo?

Per adesso i Turtle Blues hanno una priorità maggiore in quanto più richiesti in Italia, mentre con i Davids ci siamo dovuti fermare per qualche mese perché il bassista, Davide Pezzin, è impegnato con Cristiano De Andrè che presto ripartirà in tour. I Big Brother & the Holding Company vengono in Europa di solito in estate o in autunno ed essendo “anche” la loro aiuto promoter, quest'anno vedremo di riportarli di nuovo qui in Italia. Detto tutto questo devo trovare anche il tempo per promuovere il mio nuovo album ariannAntinori e di proporlo in live con la mia big band di cui sono molto orgogliosa, composta da nove elementi che qui voglio ricordare: Marco Fasolo, Davide Pezzin (basso), Ernesttico (percussioni), Marco Pandolfi (armonica), Floriano Bocchino (pianoforte/Rodhes), Luca Moresco (tromba/bassotuba), Davide Repele e Giovanni De Roit (chitarre). Spero davvero di riuscire a portare sui palchi di tutta Italia questa formazione al completo...

 

Per le foto si ringraziano SKAttoMATTO.net, Laura Zanella, Francesca Castiglioni

 

 

https://www.facebook.com/arianna.antinori.5

 

https://soundcloud.com/ariannantinori

 

http://www.youtube.com/user/arycomfort

 

http://www.myspace.com/ariannaantinori

 

 


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