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Epica Etica Etnica Pathos, 25 anni fa l’ultimo dei CCCP

L'album che ha chiuso un'epoca

il 27 Novembre a Roma lo si è ricordato con alcuni artisti della scena indipendente italiana

Quando si festeggia una ricorrenza si è soliti tornare per un attimo indietro con i ricordi, lo fanno i genitori con i figli, e gli innamorati con gli anniversari. Chi di musica vive, lo fa anche per il compleanno di un disco.  E allora torniamo un istante indietro, all’aprile del 1990. La storia è nota, e i protagonisti sono due: c’è una villa settecentesca in zona Rio Saliceto (in provincia di Reggio) e un gruppo di musicisti.  La stalla, il fienile, e le tante stanze di Villa Pirondini per tre mesi in quella primavera tornano a vivere per “colpa” di quello che sarà poi Epica Etica Etnica Pathos, quarto e ultimo album dei CCCP. Il duo Zamboni-Ferretti e i quattro post-Litfiba Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Ringo De Palma e un allora tecnico del suono Giorgio Canali si ritrovano, senza dilungarci nei perché, in quella villa della Bassa a far risuonare la pareti e a registrare quello che ne viene fuori. I CCCP si sarebbero sciolti di lì a poco per «mancanza d’aria», sarebbe scomparso il suono della batteria di Ringo, e Giovanni Lindo Ferretti avrebbe portato altrove la sua voce. Forse possiamo dire senza smentita che quei tre mesi tutti insieme e questo album, che ora sappiamo stava chiudendo le porte di un’epoca, hanno lasciato un segno molto più profondo di quello che gli stessi protagonisti allora si sarebbero mai potuti aspettare.

Il 27 novembre sul palco della Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma si sono ricordati i 25 anni dalla pubblicazione di quell’album; con Zamboni, Magnelli, Canali, Maroccolo e Fatur si è festeggiato la coda finale di quell’idealismo, militante fino al midollo, di quel potente canto sovversivo che sono stati i CCCP. Festeggiare una fine, un punto conclusivo. La chiusura del cerchio. Si può? Sì, e probabilmente si deve, soprattutto se questo guardarsi indietro non è dovuto a una ricerca nostalgica ma ad un più profondo desiderio e bisogno estremo di resistenza. E per resistere (a cosa, decidetelo voi) con loro sul palco di Roma ci sono state alcune delle voci dell’odierna musica indipendente italiana: da Brunori Sas e Max Collini (frontman degli Offlaga Disco Pax) che hanno costruito il duetto su Aghia Sophia, a Vasco Brondi per Narko $ a Lo Stato sociale che si è buttato in Depressione caspica e L’andazzo generale, ad Appino con una profonda e intensa versione di Amandoti. Due le voci femminili, inconfondibili,  compagne di viaggio da anni di ciò che resta dei CCCP-CSI, Ginevra Di Marco, elegante e bellissima la sua Paxo de Jerusalem, e Angela Baraldi, perfetta l’esecuzione con Francesco Di Bella di Maciste contro tutti. Si è chiuso dopo circa due ore questo compleanno, con le parole di Zamboni prima di Annarella: «Di solito associamo le canzoni ad un volto, che è quello del cantante. Per noi questa canzone invece è legata al nostro batterista, Ringo De Palma. Al termine della registrazione di questo brano se n’è andato da Villa Pirondini e non è più tornato, dopo qualche giorno una telefonata…Ringo se n’era andato per troppa vita».

L’esecuzione di Annarella nel canto di Ginevra di Marco e la Baraldi ha fermato il tempo in sala, creando un incastro di voci che non ha fatto davvero rimpiangere l’assenza di nessuno, ed ascoltarle insieme rincorrersi, mescolare e ripetere il testo senza ordine è stato, per tutti, di una bellezza memorabile. Il bis, con di nuovo tutti gli artisti sul palco e tutto il pubblico in piedi, è stato Emilia Paranoica.

«il mondo si sgretola, rotola via

succede, è successo
si sgretola e via»

(Grazie a Giovanna Tagliati e Daniela Nuvolone per le ultime due foto)


 

 

 


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