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Manlio Sgalambro ci ha lasciati il 6 marzo a quasi novantanni. Filosofo, scrittore, autore unico e fuori dal coro. Dal 1995 ha scritto con Battiato alcune delle più belle canzoni del cantautore siciliano

Una voce inconfondibile, un marchio indelebile nella cultura italiana

Nato a Lentini (Sr), i suoi funerali si sono svolti a Catania

Quando nel 1995 Manlio Sgalambro siglò l’esordio nella canzone con l’album L’ombrello e la macchina da cucire, noi, appassionati dell’universo Battiato, ne restammo a dir poco perplessi. Una nuova e importante identità entrava potentemente nel circuito musicale che tanto bene conoscevamo. Come dare una spiegazione?Come comprendere questa novità?
Basteranno i successivi
L’Imboscata e Gommalacca a fornire risposte inequivocabili. Vent’anni di costante collaborazione con Battiato, tanti libri il primo per Adelphi, ‘La morte del sole’ del 1982, quando veniva pubblicato L’arca di Noé, un anno dopo il trionfo di La voce del padrone. L’incontro tra i due viene descritto da Battiato, entrambi invitati a un incontro pubblico, pare che ci sia un’interruzione della corrente, ne nasce il pretesto per una battuta che Sgalambro accoglie con spirito, ed è dal quel piccolo episodio che l’artista valuta la possibilità di una collaborazione.

I due si frequenteranno, aiuta il fatto che abitassero a poca distanza uno dall’altro. Come è stato svelato, lo scrivere un testo in due si traduceva in uno scambio di email, nei primi anni probabilmente con un fax. Uno proponeva un testo base, un tracciato, e l’altro rispondeva completando con aggiunte. C’è da immaginare che così sia nata La cura (https://www.youtube.com/watch?v=ziZOjeGQfho), la loro canzone più celebrata. C’è da chiedersi chi sia stato a generare l’idea principale. “I campi del Tennesì…” appartengono forse a Sgalambro, in tandem quella partenza con parole dirette e assolute: Ti proteggerò dalle paure, delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. Però, andare a individuare chi, come e quando, a chi importa? Dice bene lo stesso Sgalambro nella sua poesia ‘Amici’: “…la scoperta di un nuovo continente, l'irresistibile ascesa di un capo, il pianto sfrenato di una vedova, nulla sono in confronto al gesto di un amico. Amici. Un detto greco dice: "Non ci sono amici". Ma che m'importa dei greci.”

Sgalambro manifestava molte qualità, di pensatore innanzitutto, capace di analisi su ogni argomento, anche i più frivoli, anzi meglio, i più leggeri, perché era proprio da questi che muoveva le sue riflessioni. Battiato lo ospitava nei suoi concerti, affidandogli i suoi musicisti, e Sgalambro intratteneva migliaia di persone con canzoni, poesie e trattati, forte di un timbro vocale col quale sapeva imporsi e farsi apprezzare. Senza la sua voce avrebbero meno forza canzoni come Shackleton (brano contenuto in Gommalacca, del 1998) e Invito al viaggio, per esempio. E che dire del testo che amava recitare: Accetta il consiglio, così divertente, ma per niente frivolo. Nel 2001 si lasciò tentare dall’esperienza discografica siglando un intero album, Fun Club, divertendosi a proporre canzoni di D’Anzi, Trenet, Bacharach e perfino Manu Chao. 

Mi mancherà l’idea che ancora una volta la voce di Sgalambro tratteggerà nuove canzoni, nuovi testi da sentirgli recitare. A conforto potrò però riascoltare la sua voce in uno dei suoi migliori interventi, in quel recitato nello spettacolo, ripreso in cd, di Ultimo volo, con musiche di Pippo Pollina (https://www.youtube.com/watch?v=Qt4mnBV_hTo). Non si arriva per caso a quell’intensità nel pronunciare la parola. A proposito di parola, voglio ricordare quella volta che gli portai un manoscritto composto da testimonianze attorno a Battiato. Volevo che mi scrivesse la prefazione. Eravamo a Peschiera Borromeo dove Battiato stava registrando Gommalacca, l’album che sancirà la perfetta collaborazione tra i due. Sgalambro prende il manoscritto e mi fa: Come le chiama? Testimonianze? Meglio contributi, no?

 



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