Bad Black Sheep
Che la cronaca, i fatti della vita, anche quelli personali, possano essere fonte di ispirazione per un album non è certo un fatto particolarmente nuovo, dopodichè l’anno 1991, per i Bad Black Sheep, è stato davvero il crocevia fondamentale della loro carriera… in quell’anno, infatti, sono nati, come recita la loro biografia, tutti e tre i componenti della band.
Sempre in quell’anno venne trasmessa, per la prima volta, in tutto il mondo, una guerra, la Guerra del Golfo e l’antimilitarismo tornò ad essere un fattore rilevante presso l’opinione pubblica, cosa che probabilmente non avveniva su così larga scala dai tempi della Guerra del Vietnam; inoltre, e non è neppure questo un caso, i Pearl Jam pubblicarono Ten, i Nirvana fecero uscire Nevermind, i Soundgarden il loro Badmotorfinger, ed il grunge, come musica, attitudine e pensiero sociale, ma anche in parte politico, si impose come il genere musicale dominante dell’epoca, e da ristretto fenomeno relativamente di nicchia estese la sua popolarità in ogni paese.
È una logica conseguenza, dunque, il fatto che l’album di debutto del giovanissimo terzetto vicentino risenta, per ispirazione, tematiche e suoni, di quel periodo e di quello stile; c’è da dire che non mancano elementi di originalità, in primis il fatto di proporre brani in italiano, e di attualizzare l’aspetto “politico” del grunge con testi che parlano, senza troppi giri di parole, dei “giorni nostri”.
Disco aggressivo, tirato, prodotto in modo essenziale e diretto, che sorprende proprio per il fatto che la giovane età dei tre musicisti non impedisce loro di inserire le marce alte tipiche di band ben più navigate. C’è, di fondo, una sorta di rassegnazione, di sconforto, nei testi di 1991, Altrove, Didone, proprio perché le problematiche sollevate sembrano essere troppo grandi, troppo complesse per essere davvero risolte, e questo pessimismo quasi strisciante va a contaminare anche la vita dei singoli, amplificando la loro solitudine e la loro impotenza di fronte a ciò che pare essere ineluttabile.
Segno tangibile di questa solitudine è Radio Varsavia, un quadretto apparentemente fuori dal contesto che invece può rappresentare una sorta di fuga nel privato, quando tutto ciò che c’è fuori pare davvero poco controllabile, ed allora prendono corpo storie e situazioni personali, vissute direttamente; non siamo quindi di fronte ad un lavoro che, per quanto ruvido, risulti troppo spigoloso, ma ad un album che ha momenti, Igreja de Santa Maria ad esempio, in cui viene a galla una certa propensione, sempre un po’ malinconica, alla melodia.
E Cuccurucucù è un momento quasi “ludico”, in cui i tre rivisitano in modo un po’ più aggressivo rispetto all’originale, il brano di Battiato tirandone fuori una versione quasi metal che, dal vivo, avrà sicuramente un impatto molto interessante; del resto il grunge, di suo, è genere più da palco che da studio, ed i Bad Black Sheep non fanno certo eccezione, perché è proprio lì che possono esprimersi al meglio e trasmettere ai massimi regimi la loro energia.
01. 1991_
02. Altrove
03. Didone
04. Radio Varsavia
05. Igreja de Santa Maria
06. Non conta
07. Cuccurucucù
08. Special 50
09. Mr. Davis
10. Altra velocità
11. Fiato trattenuto
12. 1000 miglia sotto la norma
Filippo Altafini: chitarra, voce - Teodorico Carfagnini: basso, synth, cori - Emanuele Haerens: batteria, cori