ultime notizie

Lilith Festival: Genova tra pop, rock ...

di Alberto Calandriello Periodo di intensissima attività per l'Associazione Culturale Lilith, punto di riferimento per la cultura a Genova ed in Liguria, che da pochi giorni ha dato il ...

Emian

Acquaterra

Gli Emian arrivano dall’Irpinia, da Avellino per la precisione, ma non appena partono le prime note di A sailor’s tale l’ascoltatore si trova immediatamente catapultato in un luogo imprecisato, fra le nebbie delle highland scozzesi, piuttosto che in cima ad una collina del Kerry, o ad un altopiano del Donegal.

Certo, i paesaggi aspri del centro-sud Italia hanno sicuramente più di un punto di contatto con quelli, simili, nordeuropei, ma quello che salta più che agli occhi alle orecchie è il fatto che il terzetto abbia in maniera quasi totale rimosso le radici legate alla musica mediterranea sposando in toto la tradizione celtica. Acquaterra è un album dalle sonorità assolutamente “nordiche”, un lavoro in cui le reminescenze solari e melodiche appartenenti alla terra di origine della band sono richiamate quasi sempre, come dire, “di rimbalzo”, indirettamente. La ritmica, ad esempio, come in The last king’s march, che riprende sicuramente le sequenze care alla taranta, cui si aggiunge un mandolino che, pur prendendosi gli spazi propri della cornamusa o dei flauti, affonda le radici nella tradizione melodica dell’Italia meridionale.
Poi, certo, un brano come Haughs of Cromdale riprende la tradizione delle danze di gruppo, e qui il contatto fra le due realtà è più facilmente percepibile proprio per il fatto che queste tradizioni, fatte salve le differenti sonorità, sono patrimonio di entrambe le culture.

Laddove invece le due impostazioni si discostano, anche in modo netto, è in quello spirito “religioso” che frequentemente caratterizza la tradizione popolare: laddove in Italia, specie nelle zone più interne del centro e del sud, gli agganci alla tradizione cattolica sono molto forti ed evidenti, la tradizione celtica non fa affatto riferimento ad una religione formale e “canonizzata” ma ad una religiosità “elementale”, che parte dalla Madre Terra e si sviluppa attraverso elementi naturali e spontanei. In questo senso gli Emian definiscono la loro musica “pagana”, proprio perché lontana da qualsiasi tipo di religiosità istituzionalizzata, ma più vicina ai cicli della natura ed alle sue espressioni più elementari: il ciclo della semina e del raccolto, l’uso delle erbe officinali, la scansione dell’anno attraverso le fasi lunari.

Un pezzettino di Irlanda o di Scozia si è staccato per arrivare in Irpinia, affondandovi salde radici e concretizzando uno scambio culturale “alla pari” che in altri ambiti pare essere davvero più complicato e fonte, spesso, di rivendicazioni “territoriali” dettate più da interessi che da affetto e rispetto nei confronti delle proprie origini: i tre ragazzi irpini si appropriano di una tradizione geograficamente distante da loro senza per questo abdicare dalla propria; in alcuni passaggi le mescolano, ma senza porsi il problema di una eventuale “purezza” da dover rispettare.


In questo senso sviluppano il concetto di musica popolare facendolo evolvere in musica “dei popoli”, e di fronte a suoni e strumenti musicali, meridiani e paralleli perdono improvvisamente il loro valore “divisorio.

0 commenti


Iscriviti al sito o accedi per inserire un commento


In dettaglio

  • Produzione artistica: Emian Paganfolk
  • Anno: 2014
  • Durata: 42:02
  • Etichetta: Emian Paganfolk

Elenco delle tracce

01. A sailor’s tale
02. The last king’s march
03. Haughs of Cromdale
04. Butterfly
05. Mother’s breath
06. Dùlamàn
07. Dance in circle
08. Echu eo ar mare

Brani migliori

  1. A sailor’s tale
  2. Mother’s breath
  3. Dance in circle

Musicisti

Alanna Egan (Anna Cefalo): irish harp, lead vocals  -  Emain Druma (Emilio Antonio Cozza): percussions, fiddle, flutes, double flute, lead vocals  -  Rohan (Danilo Lupi): acoustic bass, irish bouzouki, tin whistle, back vocals  -  Massimo De Feo: mandolin