Baustelle
Il 2008 potrebbe essere ricordato come l’anno dei dischi che provano a tratteggiare lo spirito dei tempi. I Baustelle in questo senso raccontano il presente ponendo un sigillo di Apocalisse sul futuro, e Amen è la loro profezia che si avvera già oggi mentre l’«Impero Culturale Occidentale» procede inconsapevole verso la propria rovina. Quindici i brani più due nascosti non alla fine ma all’inizio del disco, un lavoro che riparte dal pop-rock spectoriano de “La Malavita” e lo riempie delle più variegate influenze con spirito curioso e ludico, ma sfiorando la saturazione. Ci sono tante, troppe cose in Amen, canzoni bellissime comprese, ed i Baustelle si prendono il rischio di fare un disco pretenzioso pagandone il pegno ma portandosi a casa un nuovo punto di partenza dalle prospettive pressoché infinite, anche solo per la quantità di generi con i quali i tre toscani si misurano.
Il rock chitarristico e rotondo di Colombo, che cita Gadda e l’ispettore televisivo («arriva un investigatore / ci deduce l’anima / la nostra cognizione del dolore illumina»). La parodia del linguaggio da rivolta giovanile post-moderna di Charlie fa surf, con immagini mutuate da una scultura di Cattelan e ritornello fin troppo ruffiano. Il capolavoro Baudelaire, sorta di manifesto ufficiale della poetica baustelliana e della scrittura pop di Francesco Bianconi che infila uno dietro l’altro su un pastiche accattivante di chitarre funky, banjo trotterellanti, rhodes (suonato da Mulatu Astatke), percussioni latine ed elettro-pop alla Battiato i nomi di un possibile Pantheon disperato e anti-moderno (Pasolini, Tenco, Ciampi, Caravaggio, Saffo, Socrate e ovviamente il maledetto francese, con il quale «vivere per sempre / ci vuole coraggio / datti al giardinaggio dei fiori del male»).
E ancora lo splendido esercizio country-pop di Panico! dedicata a Lee Hazlewood ma anche i passaggi a vuoto di L, Antropophagus, Dark Room e L’uomo del secolo che ricordando fin troppo da vicino una volta “La moda del lento” un’altra “La Malavita” risultano come tracce non brutte ma inutili in mezzo a tanta fantasia ben distribuita. Ma è il vulnus di un disco altrimenti perfetto che si chiude con alcuni dei più bei versi di speranza sentiti negli ultimi anni: «non è impossibile pensare un altro mondo / durante notti di paura e di dolore/ assomigliare a lucertole nel sole / amare come Dio / usarne le parole» (Andarsene così). Come direbbe Fossati: una valanga d’amore contro un bicchiere d’aceto.
-02. No steinway
-01. Spaghetti western
01. E così sia
02. Colombo
03. Charlie fa surf
04. Il liberismo ha i giorni contati
05. L'aeroplano
06. Baudelaire
07. L
08. Antropophagus
09. Panico! (a Lee)
10. Alfredo
11. Dark room
12. L'uomo del secolo
13. La vita va
14. Ethiopia
15. Andarsene così
Francesco Bianconi: voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, organo Hammond, Roland VP-330 Vocoder Plus, Moog Source, Minimoog Voyager, programmazioni, tastierame & electronic, Acme Siren. Claudio Brasini: chitarre elettriche, pedali, electronics. Rachele Bastrenghi: voce, pianoforte, piano Wurlitzer, piano Fender Rhodes, organo Hammond. Mulatu Astatke: vibrafono, Fender Rhodes, pianoforte, percussioni. Alessandro Alessandroni: fischio, fisarmonica, sitar, chitarra acustica. Beatrice Antolini: pianoforte, violoncello, percussioni, harmophone. Sergio Carnevale: batteria, percussioni. Alessandro Maiorino: basso elettrico, contrabbasso. Chiara Maritano: chitarra acustica. Beatrice Martini: arpa Carlo U. Rossi: marranzano, Minimoog Voyager, Moog Source, pandeiro, programmazioni, preziosi suggerimenti in fase di arrangiamento di archi e fiati. Laura Polazzi: The “What?!?” Chick. Enrico Allavena: trombone Giorgio Giovannini: trombone basso Paolo Parpaglione: sax tenore, sax baritono Ezio Rizzon: oboe Luigi Giotto Napolitano: tromba, flicorno Federico Bambi: tromba Florin Bodnarescul: corno francese Orchestra d’Archi EdoDea Ensemble: archi