Mimes of Wine
Uno scintillio di brividi incastonati in un buio incerto di fumo, pioggia invernale e sottili trame imperscrutabili di sensazioni e pensieri: questo lo scenario che pare dipingere questo disco di Laura Loriga e dei suoi, composto tra Bologna, Los Angeles, San Francisco e Parigi.
Mosse ed eleganti come improvvisazioni jazz, le canzoni del progetto Mimes of Wine racchiudono sussurri e dispiegate linee vocali, che accarezzano le note del pianoforte, spesso classico come un notturno di seta ed ombre, o prodigo di riff fulminanti e linee vertiginose come un incantesimo (v. l’ammaliante “K”), talvolta struggente e funereo nell’impeto di crescendo quasi à la Thom Yorke. La lievità delicata del glockenspiel e di sospiri di tromba e clarinetto segue inattese accensioni e morbidezze brumose nell’atmosfera raccolta di una stanza d’autore, o nella scatola magica di un dream-pop che rammenta l’intensità ed essenzialità estatica di Lisa Germano. Ascoltando le dieci canzoni del disco balena nella mente anche la sostanza onirica (non la forma) dei brani di Morcheeba e Portishead, privata così del benché minimo orpello sonoro in canzoni scarne, in cui anche gli spazi vuoti e i silenzi si fanno alimento delle attese: l’ascoltatore è infatti mantenuto sempre ben desto e vigile, come se fosse accerchiato da piccoli fuochi notturni, che improvvisamente bruciano l’aria in un punto, per poi brillare dal lato opposto.
Nelle note algide di synth, nell’eleganza limpida e sinuosa insieme di un cantato a tratti buckleyano, tra radi arpeggi di chitarra lontanamente radioheadiani (v. “Vernal” o “Oberkampf”) si avvertono un rigore e una semplicità ricercata di respiro internazionale, che si infiammano laddove la voce si fa accorata e acquista un calore che ricorda la sensualità di P. J. Harvey. Sperimentazioni dal cuore anglosassone accolgono brevi fantasie di violini quasi klezmer (“From a Forsaken Bow”), bagliori vintage swing un po’ à la Tori Amos, l’incedere irreversibile del ritmo, tra corde pizzicate e rulli di tamburi in marce perentorie, inverni sontuosi di violoncello e cori notturni da pelle d’oca (si ascolti il controcanto di Elisabeth McDowell in “Moth”).
Ne risulta un disco teso e inquieto che ha la bellezza poco banale di ciò che è poco facile.
01. Julius
02. K
03. Bolivar
04. Gozo
05. Vernal
06. Long Lifting Road
07. Oberkampf
08. From a Forsaken Bow
09. Moth
10. Fishes
Laura Loriga: voce, piano, synth, organetto Enzo Cimino: batteria Adriano Modica: passi, cori, ebows e chitarra in 1, glockenspiel in 2, chitarra, basso in 8 Daniele Calandra: tromba, clarinetto in 9 e 10 Gian Andrea Caruso: violino in 6, 7 e 8 Elisabeth McDowel: cori in 9 Luca Marani: chitarra in 6 e 8 Tiziano Bianchi: tromba in 3, 4 e 5 Luca Guglielmino: chitarra in 4 e 5 Kenny Annis: contrabbasso in 4 e 5 Neel Hammond: violino in 3 Luigi Corridoni: violoncello in 5 Ulisse Mazzagatti: chitarra in 7