Ennio Rega
Di Ennio Rega, salernitano trapiantato a Roma, di cui questo è il quinto album in diciassette anni (dal primo, Due passi nell’anima del sorcio, è qui recuperata Lo sciancato), colpisce il fatto – non isolato, per carità, ma comunque alquanto sorprendente – che una proposta così ricca, articolata (musica e testi), non gli abbia ancora consentito quella notorietà che in casi del genere si è soliti reclamare con una certa insistenza.
Detto ciò, annotiamo subito come questo Arrivederci Italia (titolo magari un po’ ossequioso, ma solo in apparenza, di questi nostri tempi fin troppo inzuppati di patriottismo di ritorno) non sposti di un millimetro l’assunto di partenza: Rega ha proprio – come diceva un suo illustre predecessore livornese – “tutte le carte in regola” per rientrare di diritto fra quelli che contano sull’attuale mappa del cantautorato nostrano. Ce lo dice, fin dall’avvio, Sbriciolo ai corvi, un testo engagé (come un po’ tutti, del resto, comunque sempre innervati da un’originalità, un’urgenza, che non possono lasciare tiepidi: un brano come La curva del gatto, per fare un esempio,rappresenta un unicum assoluto, e che dire di Io Lino e Lia?) e un abito musicale pieno, solido, mai generico o edulcorato.
Il prosieguo non fa che confermare tali good vibrations iniziali, allargando il concetto, entro una proposta – una poetica – così fortemente identitaria, all’interpretazione, in cui sono coglibili parentele ora con Peppe Servillo (Il più labile dei dati, ma non solo), non foss’altro che per affinità geografica, di parlata, ora col citato – evocato, in realtà – Piero Ciampi (Italia irrilevante, Lo sciancato, Lungo i tornanti), per quella spigolosità anticonsolatoria, accorata quanto, per altri versi, blasée, che accomuna i due universi. Può magari nuocere un minimo alla fruizione del tutto il fatto che i testi, e il loro attorcigliarsi con la musica, siano a volte sin troppo incalzanti, frenetici, ma che il Nostro abbia parecchio da dire è fuor di dubbio (anzi: in fondo ne è proprio la causa).
Fra danzabilità più o meno esplicita (La teppa dei marchettari, La libertà, testo di Fernando Pessoa, ecc.) e una pelle jazzistica tutt’altro che epidermica o episodica (l’uso dei fiati ne è la principale dimostrazione), si marcia così, spediti, verso la fine, scoprendo strada facendo una versione senz’altro convincente, in crescendo di temperatura, della tenchiana Ragazzo mio (già riletta a suo tempo da Fossati). Se fosse mancata mai la fatidica ciliegina sulla torta…
01. Sbriciolo ai corvi
02. Il più labile dei dati
03. La curva del gatto
04. Giovannino
05. Italia irrilevante
06. Ballata della via larga
07. La teppa dei marchettari
08. La buca
09. Lo sciancato
10. Libertà
11. Rosa di fiori finti
12. Io Lino e Lia
13. Ragazzo mio
14. Lungo i tornanti
15. Porcapolka
Ennio Rega: voce, pianoforte Sergio Vitale: tromba Paolo Innarella: flauti, sassofoni, fischio Lutte Berg: chitarre Luigi De Filippi: violino Denis Negroponte: fisarmonica Massimo Pirone: basso tuba, trombone Luca Pirozzi: basso elettrico, contrabbasso Pietro Iodice: batteria