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Setak

Assamanù

Sono trascorsi poco meno di sei anni da quando il cantautore e chitarrista abruzzese Nicola Pomponi, in arte Setak, iniziava a crearsi il suo spazio peculiare all’interno del sempre più prolifico mondo dei cantautori nostrani. Nel 2019 usciva il primo ed acclamato disco che ha aperto la sua carriera discografica costituendosi, poi, come il primo album di una bellissima trilogia che possiamo accostare, per le tematiche trattate, al genere letterario del romanzo di formazione. Da quel debutto, infatti, Setak ha avviato una narrazione autobiografica musicale che lo ha portato a indagare i temi dell’infanzia con “Blusanza” (2019), poi quelli dell’adolescenza in “Alestalè” (2021), culminando con riflessioni sulla maturità in Assamanù (2024).

Anche in questo ultimo lavoro troviamo dei brani che sono dei gioiellini cesellati minuziosamente intorno alla matrice del dialetto abruzzese. Setak non tradisce la lingua dei sentimenti più profondi, che gli consente di accostarsi in maniera viscerale ad un lessico familiare fatto non solo di parole ma anche di sensazioni e valori tramandati. Come ben sappiamo, non esiste un tessuto dialettale regionale omogeneo e questo fa sì che ogni paese o area specifica abbia termini o inflessioni differenti. Quella di Setak è la lingua di Penne, un paese in provincia di Pescara le cui atmosfere vengono riportate con una delicatezza pressocché onirica. Nonostante il cantautore si ispiri con una certa sistematicità all’immaginario di un entroterra montano non sempre troppo aperto verso l’esterno, è altresì vero che la sua musica però viaggia lontano, creando una caleidoscopica cifra stilistica che gli permette di far coesistere un pensiero globale accanto ad uno più provinciale.

 

In altre parole, non troveremo in Assamanù delle canzoni scritte con l’intento di proporre un folk abruzzese di nuova fattura (come sarebbe più facile immaginare) ma delle melodie che sono il risultato della musica ascoltata e assorbita nel tempo. Il blues, il folk americano e tutte quelle suggestioni che hanno segnato la formazione di Nicola Pomponi, come ascoltatore e come chitarrista, ci regalano un racconto emotivo le cui radici sono ben piantate nella terra d’Abruzzo. Non casuale, a tal proposito, la scelta della fotografia in copertina che mostra un albero che resiste al tempo, che resta al suo posto nonostante gli ‘attacchi’ del progresso che lo snaturano, riempendolo di plastica. Setak nel suo lavoro fa in un certo senso anche un piccolo atto politico; ritorna alle sue origini con gratitudine e dopo aver rielaborato in positivo un sistema sociale che da ragazzi non sempre è facile gestire.

Figli della storia è uno dei brani centrali del disco eseguito con Simone Cristicchi, in cui “Siamo figli della storia, della memoria, di quello che ci resta ma non c’è” sono le parole che riassumono il senso che dovrebbe avere il passato per andare avanti verso una reale evoluzione. Il brano Assamanù (che in dialetto teramano significa “in questa maniera”), è invece una vera e propria dichiarazione di identità e di intenti; un brano che già dal titolo rimanda a suoni africani e che Setak utilizza per alludere a quelle sonorità tanto care ai pionieri della World Music come fu Peter Gabriel agli inizi della sua carriera. Attraverso undici tracce il cantautore pennese esplora temi come il Tempo, la Storia, la Memoria; Il disco scorre fluido con la voce delicatamente sussurrata di Setak, come se le parole uscissero direttamente dai ricordi della sua storia personale ed è lì che riconosciamo, ad esempio, l’influenza di gruppi come i Bon Iver.



Assamanù,
il disco, è un variegato mix di sonorità che ricalca lo spirito di musica globale di Paul Simon, spaziando dal country statunitense all’indie-folk, dalla tradizione blues del Delta del Mississippi alla cultura sudamericana, senza tralasciare del tutto gli esempi più influenti della canzone italiana. Ad accompagnare l’artista fra queste pagine di diario, che prendono la forma di canzoni universali, c’è ancora una volta la sapiente produzione di Fabrizio Cesare; un importante incontro e un sodalizio artistico che ha consentito a Nicola di riappropriarsi delle sue radici.

Da abile chitarrista Setak scrive setacciando nel panorama musicale che più gli è congeniale per selezionare poi solo gli elementi più preziosi, come faceva anticamente lu setacciar, figura della tradizione agricola abruzzese (nonché soprannome della sua famiglia) da cui Nicola Pomponi ha preso ispirazione per scegliere il suo pseudonimo.

In calce al libretto leggiamo la commovente dedica alla nonna e al figlio… passato e futuro sono stretti insieme grazie ad un presente vigoroso e pulsante. 

foto di Martina D'Andreagiovanni

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In dettaglio

  • Anno: 2024
  • Durata: 36:04
  • Etichetta: Autoprodotto

Elenco delle tracce

01. Lu ride e lu piagne

02. La fame e la sete

03. L'erba 'nzì fa pugnale

04. Di chj ssi lu fije?

05. Curre curre

06. Assamanù

07. Chiedo alla polvere

08. Figli della storia (feat. Simone Cristicchi)

09. Troppe parole

10. A ‘mme (feat. Luca Romagnoli)

11. Sono felice (Vincenzino)

Brani migliori

  1. Siamo figli della storia
  2. Di chi ‘ssi lu fije?
  3. Curre Curre

Musicisti

Setak: Voce, Cori, Chitarre Acustiche ed Elettriche, Dobro, Slide, Steel Guitar;

Fabrizio Cesare: Tastiere, Basso, Chitarre Acustiche ed Elettriche, Chitarra Classica, Ukulele, Caxixi, Chitarra Slide, Shaker, Tabla Dayan, Noise, Breath and Noised Voices;

Simone Cristicchi: Voce;

Luca Romagnoli
: Cori;

Simone Scifoni: Shaker, Bongos, Conchiglie, Djembe e Brushed Djembe, Tamburine, Caxixi, Frame Drum;

Angelo Trabace
: Cori;

Luca Trolli
: Batteria