Si intitola
Bianco
l’album di
Al Fabris, al secolo
Alberto Fabris, bassista/polistrumentista, compositore, rocker alternativo, ed
alchimista di musica elettronica nel segno del minimalismo. Si tratta di
un’opera-concept sul colore bianco risultato della collaborazione con lo
stilista Saverio Palatella, rappresentata per un’unica serata-evento alla Exit
Art di New York dal corpo di danza della Alvin School of Dance and Theatre. Ora
diventa un lavoro a se stante, rigorosamente strumentale. Tra gli ospiti 2/3
dei Blonde Redhead,
Amedeo e
Simone Pace, rispettivamente chitarra e
percussioni, nonché il violoncellista
Marco
Decimo. «Il bianco è il colore dei colori in quanto li contiene tutti ed
esiste in quanto formato da tutti loro. È la pura luce dell’illuminazione, il
colore dell’improvviso aprirsi della mente alla percezione della coscienza in
se, della saggezza» spiega Fabris,
citando concetti espressi da Vittorio Storaro, il celebre direttore di
fotografia. Il colore, l’unico medium sensibile che meglio si presta alla
descrizione della musica o che della musica ne segue le insondabili strade;
descrizione ma anche rappresentazione: una sinestesia che fonde vista e udito
entrambi uniti da un intimo legame nel ruolo di sollecitazione dell’inconscio.
Fabris “scrive” con poche linee significative ottenendo lo straordinario
risultato di produrre l’amorfo: non inteso come sottrazione di forma o
dispersione ma come suo superamento. Provocare le percezioni legate ad un
corollario di emozioni rintracciabili ma prive di connotati precisi; un minimal
che decostruisce la forma, che la spoglia per approdare ad un nuovo concetto di
quest’ultima che contempli l’indicibile nella ricerca del se.
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