Fausto Rossi
Fausto Rossi è un nome certamente noto a chi ha seguito e segue le vicende del rock indipendente nazionale. Attivo fin dagli anni ’70 con il nome di Faust’O, Rossi Fausto arriva con questo Blank Times alla sua tredicesima fatica, centellinata a riconferma di un’arte dal sapore noto ma sempre attuale (qui sotto in una foto recente di Andrea Saini).
La figura dell’autore emerge nella sua individualità a tutto tondo, in un alto rilievo che torreggia con distacco dalla realtà circostante. La vena è solipsistica non tanto in senso etico quanto per il modo fortemente lasco con il quale sono vissute le relazioni con le terze parti. Non pessimismo, depressione o penosa attesa del negativo ma espressione di una situazione alienata nel senso etimologico del termine: il protagonista è altro rispetto al resto.
Questo atteggiamento si riflette in tutte le dimensioni del lavoro, dai testi da loner del nuovo secolo alle musiche più underground che rock, dai timbri lisergici ai ritmi lenti e cadenzati. Gli arrangiamenti e la post produzione appaiono assenti, tuttavia la cura al particolare c’è; di assoluto rilievo in questo senso è il lavoro delle chitarre di Pierluigi Ferrari, autentiche seconde voci in costante contrappunto scheletrico con il canto, sia nei momenti acustici che in quelli più elettrici; si ascolti Sogni, noi ci abbiamo ritrovato tracce del miglior Cipollina miscelate a riff su ritornelli tipici di un altro Rossi (il Vasco dei momenti più credibili e seri, che torna anche in Il Vostro Mondo).
Tornano alla mente momenti gloriosi del mondo di Reed (Names), Bowie (Stars) e dei Velvet unitamente al mai dimenticato rock della New York di fine anni ’70 (Television, Tom Verlaine) e della miglior New Wave che seguì; tutte realtà che hanno saputo unire la desolazione alla poesia, i suoni alle immagini, l’individualismo alla comunicazione.
In questo senso non è secondario il sapiente uso di un certo pop malato e frammentario, traccia residua in un processo che tende a sottrarre continuamente per arrivare all’essenza più che alla sostanza, compiendo una sintesi che tocca anche la dimensione della canzone d’autore. I paradigmi del lavoro sono già presenti nel brano di apertura, che riporta una linea melodica alla Gualtiero Bertelli (quello di “ …vedrai com’è bello…”) per poi farsi acido e concludersi in modo più etereo, complice anche il passaggio dall’italiano all’inglese che rende sfuggente la conclusione.
Questo bilinguismo sovente alternato è un altro ingrediente di un certo interesse, proposto in più momenti modulando la tensione delle liriche; in I Write Aloud questo gioco raggiunge effetti interessanti grazie ad una struttura del brano coerente al testo ed al suono. Inizio in italiano parlato e chitarra in stile Billy Bragg, poi passaggio all’inglese con virate alla Beatles dell’album bianco e visioni dominate da eventi esterni fluidi e non controllabili quali il vento, le nuvole e la pioggia.
Blank Times per una Blank Generation passata dal nichilismo alla maturità conservando però quei tratti fondamentali di sincerità e di efficacia a sostegno di questo lavoro che, senza troppe esitazioni, consigliamo caldamente.
01. Tu Non Lo Sai
02. Stars
03. Sogni
04. The Hill
05. I Write Aloud
06. Names
07. Il Vostro Mondo
08. Can’t Explain
09. Non Ho Creduto Mai
10. Down Down Down
Alessio Russo, Ivan Ciccarelli (batteria) - Franco Cristaldi, Andrea Viti, Riccardo Fioravanti (basso) - Pierluigi Ferrari (chitarre) - Roberto Colombo, Fausto Rossi (organo) - Solid Jeess (elettronica) - Vittoria Haid, Giacomo Cristaldi (back vocals)