Stratten
Dieci anni davvero fondamentali, dieci anni che hanno letto la realtà precedente e quella coeva, ed hanno fornito, a chi li ha saputi cogliere, gli strumenti per leggere anche i decenni successivi; a Bologna quel periodo è stato davvero una chiave importante e gli Stratten con il loro Bologna ’67 ’77 hanno provato a darne un’interpretazione che non fosse affatto nostalgica, ma soprattutto che non si limitasse a pure citazioni di tipo quasi biografico.
Intanto la copertina, realizzata dal chitarrista Giulio Golinelli e significativamente intitolata “Omaggio a Gianni Sassi”, storico fondatore dell’etichetta indipendente Cramps, sicuramente non casuale, perché all’interno di quella casa discografica si svilupparono le più significative esperienze musicali affini al “Movimento” e divenutene patrimonio inscindibile.
Poi i testi, tutti curati da Vincenzo Bagnoli, giornalista, scrittore, autore, docente e musicista, probabilmente la persona più adatta, proprio per le sue molteplici attività, ad inquadrare nelle sue sfaccettature un’epoca complessa, contraddittoria, fatta di grandi pulsioni, di ragionamenti ed analisi complesse, a volte intricate o addirittura contorte…
E proprio queste (non apparenti) contraddizioni risaltano nei brani di questo album, che musicalmente non ha riferimenti strettissimi agli anni che racconta: la band ha infatti optato per un rock quadrato, lineare, che a tratti vira verso il prog ed il folk psichedelico, pur senza assumerne le caratteristiche in modo completo, in cui al cantato di Alessandra Reggiani (qui nella foto) si alternano spesso brani recitati. Qua e là interviene anche il fac-sitar di Ian Zulli, quasi fosse un richiamo a quell’innocenza “perduta”, dal movimento, alla fine degli anni ’60 e le tastiere, a volte decisamente vintage di Nicola Bagnoli, servono spesso a rammentare di quali anni si sta parlando.
Parallelamente all’approccio descritto, diretto e senza fronzoli, c’è da parte degli Stratten una sottolineatura dell’attività di pensiero che contraddistinse quel periodo, e ciò si evince dai brani più rilassati, quasi meditativi, che bene descrivono l’evolversi dei pensieri, dei ragionamenti, delle teorie, i contrasti, le frizioni, tutto ciò che contraddistinse, comunque, una fecondità di pensiero difficilmente ripetibile.
Nonostante tutti questi riferimenti l’album non è, nel modo più assoluto, un lavoro “politico” in senso stretto: non ci sono citazioni di slogan, frasi “tipiche”, ma si è puntato maggiormente sulla descrizione degli ambienti, delle situazioni, dei sentimenti, optando così per una visione diretta. Non c’è un vero e proprio protagonista dell’azione, ma si percepisce una sorta di sdoppiamento, per cui chi agisce, nel contempo, si rivede, si percepisce e si osserva come fosse fuori da sè stesso.
Bologna ’67 ’77 è un lavoro a cavallo fra musica e poesia, un racconto con commento musicale che descrive, fondamentalmente, un insieme di sensazioni; tra l’altro il duo ritmico Colomasi/Dondi riesce a caratterizzare i singoli brani con tempi differenti, con il risultato che l’intero album non ha un andamento univoco, ma ad ogni brano corrisponde un incedere differente.
Un lavoro che trasmette un fascino sottile, in cui le sensazioni, perdute o ritrovate, si incrociano e si mescolano ai ricordi più vivi ed a quelli che invece tendono a sbiadire con il tempo: c’è, in fondo, un filo di memoria che scorre fra un brano e l’altro ed anche un pizzico di malinconia che fa capolino qua e là, per ciò che è stato, o avrebbe potuto essere… “I am not a number, I am a free man…”.
01. Corteo
02. L’ordine delle cose
03. Strade
04. Lotta di classe
05. Violetta
06. Moonlight ‘69
07. Lune assassine
08. Deep sky
09. Disegni del cielo
Alessandra Reggiani: voce - Giulio Golinelli: chitarre elettriche, chitarre acustiche - Emiliano Colomasi: basso elettrico - Nicola Bagnoli: piano elettrico, piano acustico, tastiere, basso, chitarre acustiche, violino, tambura, nastro magnetico - Matteo Dondi: batteria, percussioni - Ian Zulli: chitarre elettriche, chitarre acustiche, fac-sitar