Canemorto
Volute dissonanze: ecco ciò che pare dominare le canzoni del progetto Canemorto composte da Antonio Nardi, anima dei Colya, affiancato da Leopoldo Giachetti (May I Refuse, Velvet Score) e Martino Mugnai (ancora Velvet Score). Così nei dieci brani del primo lp di Canemorto, prodotto dallo stesso Nardi e da Pio Stefanini, e soprattutto negli arrangiamenti dei violini si incontrano classicità rigorosa e rock malinconico, tra ascendenze british e post-rock (sicuramente non casuali se si pensa che i Velvet Score hanno diviso il palco con Mogwai e Giardini di Mirò); si fondono ancora distorsioni acide e arpeggi struggenti, orchestrazioni rarefatte e ritmiche pop-rock, symphonic rock e cantautorato italiano, falsetti alla Ivan Graziani, omaggiato con la cover di Firenze (Canzone triste) ed enfasi alla Muse. Di quest’ultima commistione è un esempio Fiorentina, drammatica ed intensa dichiarazione d’amore per…la squadra del cuore: il brano è immerso in un’aura poetica che sublima il tema in modo surreale. E surreale è un aggettivo chiave per descrivere i testi di questo disco, in cui aulico e prosastico sono mescolati con risultati stridenti e un lirismo d’altri tempi, a volte descrittivo, altre visionario, è unito all’informalità più comune o provocatoria.
Ogni contraddizione musicale e verbale, accentuata ad arte, pare avvicinare e poi allontanare violentemente questi brani dalla quotidianità, dal senso comune logico e musicale.
Le trame degli acuti e degli archi sono delicate e preziose, fragili come cristallo, tra indie sperimentale e tradizione alta, scardinata però con il grimaldello dell’ironia, pur ben radicata nella storia della musica italiana ed antidoto sotterraneo alla retorica tricolore della parola astratta e delle orchestre sanremesi. Così si rimpiange Gaber in un pastiche di citazioni in Se ritornasse il Signor G; inoltre ogni romanticismo è temperato dal disincanto ironico, mentre al contrario il realismo si fa onirico e stralunato.
Qualche volta i contrasti del disco tra letterario e colloquiale, orecchiabilità facile e ricercatezza classica, languore alternative rock e sobrietà minimale del sarcasmo, si fanno un po’ esasperati e rischiano di scivolare nel kitsch, ma anche i mix più arditi di caratteristiche opposte mettono in luce pur sempre un’originalità stilistica ammirevole. I risultati migliori del disco vanno però forse cercati nei brani più omogenei e coerenti, come Tramonto di una giornata uggiosa, che dipinge paesaggi interiori ed esterni già solo attraverso i momenti strumentali densi di malinconia, o Aereoplani (sic!), con tanto di staffilate di batteria, rallentamenti post-rock, chiaroscuri emozionali e uno spettacolare piccolo crescendo musicale, che sfocia in un finale noise.
01. A 300 all'ora
02. Il ritornello
03. Se ritornasse il Signor G
04. Fiorentina
05. Giuliano non lo sa
06. Un supermercato qualunque
07. Firenze (Canzone triste)
08. Tramonto di una giornata uggiosa
09. Aereoplani
10. Bel Natale...
Antonio Nardi: voce, violino, chitarra e basso Leopoldo Giachetti: chitarre, cori Martino Mugnai: batteria, percussioni Pio Stefanini: programmazioni, piano