Le Luci della Centrale Elettrica
Nella vignetta ci sono un ragazzo
e una ragazza. Stanno seduti uno accanto all’altro e probabilmente sono
innamorati. Davanti hanno un enorme cielo stellato, tutto da guardare. Ma lui
dice a lei, o forse lei dice a lui: «Andiamo a vedere le luci della centrale
elettrica». L’immagine si trovava qualche tempo fa sul MySpace di Vasco Brondi
alias Le Luci della Centrale Elettrica
e spiega al meglio lo spleen che domina queste dieci Canzoni da spiaggia deturpata. Ovvero le luci a San Siro di
Vecchioni portate alle estreme conseguenze, rese definitive. L’amore nelle aree
industriali e il disincanto delle nuove generazioni precarie in tutto che
diventano spirito del tempo e qui più che mai vengono svelati: «cosa
racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero» (La lotta armata al bar).
Brondi scrive per accumulazione, nei
versi associa obliquamente immagini su immagini come un Flavio Giurato
grafomane, per poi urlarli in faccia al mondo con la stessa voce d’asfalto di
Rino Gaetano, che viene direttamente citato nel finale di Nei garage a Milano Nord. E i pezzi di citazioni traboccano, che
siano parole, atmosfere o entrambe le cose: Tondelli, Genna, Bianciardi,
Pasolini e i CCCP che «non ci sono più da un bel po’» (La gigantesca scritta COOP), ma anche Bebsi Jones (suoi gli ultimi
versi di Fare i camerieri) e il Fiumani
più nudo e precipitante.
Se la definizione di
cantautorato-punk ha un senso, eccone l’esempio tipo, perché le canzoni de Le
Luci della Centrale Elettrica musicalmente sono limitate, due accordi e via, ma
si giocano tutto sulla scrittura, che è cuore d’amianto, anima sputata come
sangue a terra, lacrime di acquaragia per cancellare le scritte sui muri che
qualcuno prima o poi rimetterà. E dove all’estro vulcanico serve anche un po’
di esperienza non meno infuocata, la produzione di Giorgio Canali è il completamento che rasenta la perfezione: l’ex
CSI inserisce dove è necessario percussioni, bassi acustici e soprattutto elettriche
che urlano la stessa urgenza delle parole (sentite quelle sul finale di Fare i camerieri) e se questo disco
durerà oltre i canonici sei mesi di clamore dei tempi in corso il merito è
anche suo. E ovviamente di Vasco Brondi che, per chi non lo avesse ancora
capito, è uno non solo da tenere d’occhio ma da comprare subito. Perché se c’è
ancora qualcosa di davvero nuovo, oseremmo dire addirittura originale, nel
cantautorato italiano targato duemilaotto, quel qualcosa passa inevitabilmente
da qui: nelle città vuote e sepolcrali della bella copertina di Gipi e nella
vitalità senza futuro di un ragazzo che cerca «un po’ di carta stagnola per
addobbare a festa questa stanza di merda» (Stagnola).
01. Lacrimogeni
02. Per combattere l'acne
03. Sere feriali
04. Stagnola
05. Piromani
06. La lotta armata al bar
07. La gigantesca scritta coop
08. Fare i camerieri
09. Produzioni seriali di cieli stellati
10. Nei garage a Milano nord
Le Luci della Centrale
Elettrica: voce, chitarra acustica
Giorgio Canali:
chitarre elettriche, bassi acustici, divagazioni e ultrasuoni
Max Stirner:
organo su #2 e #3
Guido Querci:
percussioni sinfoniche su #2