Piet Mondrian
E alla fine bisogna farci i conti con questo ep. Spigoloso, ostico, attraversato da un’ironia nera con cui non è facilissimo identificarsi. Sono solo quattro tracce ma servono davvero diversi ascolti per arrivare al fondo di Carne Carne Carne, ultimo lavoro dei toscani Piet Mondrian. Ed è comunque difficile riuscire a tracciare un ritratto nitido: le tinte di quest’opera sono tanto definite quanto nel contempo interlocutorie, sulla scia dei quadri del pittore olandese da cui la band prende il nome. Tre colori più uno, proprio come nelle tricromie di Mondrian: rosso, giallo, blu e bianco.
Rosso: “Carne Carne Carne Carne”. Quella carne che ci mangia invece di farci mangiare, come cantano laconici i Piet. Di rosso amore ce n’è poco, pochissimo in questa canzone (e, come vedremo, in tutto l’ep). C’è sangue e sesso, parti del corpo congelate e messe in freezer. Dai cui sportelli appannati (vivi)sezioniamo mentalmente la nostra esistenza, sull’onda di un semplice beat di drum-machine.
Giallo: “Accidia”. Il colore dei riflettori che si accendono sulla vita, ma anche quello della luce che dovremmo (condizionale d’obbligo) inseguire in fondo al tunnel. E quello della foto dei nostri genitori che invecchiano e a cui non vogliamo somigliare. E allora forse scappiamo, magari a bordo di un taxi anch’esso giallo, verso la Spagna, Berlino, Londra. Se sia la scelta giusta o meno, ci si passi il gioco di parole, è anche questo un giallo.
Blu: “Bella Scoperta”. Il colore della malinconia, del blues, pulsazione che -sterilizzata dall’uso massiccio dell’elettronica- caratterizza questo brano. Non siamo nei dintorni dei tradizionali temi blues, alla “my baby left me” o similia. I Piet Mondrian ci stanno raccontando piuttosto quella forma di malessere che attanaglia le giovani generazioni (benestanti) al primo punto di svolta della loro vita: il momento in cui si smette di studiare e si deve decidere il da farsi. Le voci impassibili di Michele Baldini e Caterina Polidori recitano «Non è tempo di poeti, esploratori o re/ questo è il tempo delle carte verdi, e lo sai anche te». Di nuovo ironia, questa volta nelle raccomandazioni, probabilmente inutili, di un padre al figlio/figlia.
Bianco: “Vortici di luce”. Pallido, rassegnato, il bianco che contiene tutti i colori (compreso il nero) e li annulla. Amore, arte, lavoro: niente sembra avere un senso in questo ultimo brano dell’ep, che non a caso è il più scarno e ripetitivo, un ossessivo ripetersi degli stessi due accordi, fino alla chiusura a sorpresa con la citazione di Vattene amore di Amedeo Minghi e Mietta.
1. Carne Carne Carne Carne
2. Accidia
3. Bella Scoperta
4. Vortici di Luce
Michele Baldini: voce, campionamenti Caterina Polidori: voce, campionamenti Eva Bianca Dal Canto: voce in #2