The Maniacs
La bellezza di un power trio è che sai già, in linea di massima, ciò che ti aspetta, ovvero una sequenza di brani diretti, immediati, realizzati con suoni secchi, potenti e senza troppi “giri di note”, e tuttavia questa certezza non toglie nulla al fatto che, da un power trio, è proprio questo ciò che desideri sentire.
Sarà che l’onda lunga (anzi, a questo punto verrebbe da dire lunghissima…) del punk e del post-punk inglese non ha ancora terminato di mostrare i suoi effetti, ma è indubbio che in Italia ci sia un forte movimento musicale che, di quest’onda, ha catturato le “creste” più interessanti ed ha iniziato a cavalcarle, anche con un certo compiacimento, scoprendo che, tutto sommato, da quelle parti c’era ancora parecchia materia da sgrezzare e da “lavorare”.
I milanesi The Maniacs sono, in questo senso, “fedeli alla linea”: riff taglienti, ritmica lineare ma incalzante, qualche uptempo messo lì, non a caso, per spezzare la linearità dei brani che, tuttavia, vanno diritti alla meta. Testi semplici, molto “quotidiani”, storie di strada, a mezza via fra vissuti personali complicati e desideri, ipotesi, speranze che spingono ad andare oltre.
C’è un po’ di passato, in questi quattordici brani: oltre alle radici anglofone, schegge di Timoria, dei primissimi Litfiba, ma anche influenze derivanti dal più attuale rock statunitense, quello che ha messo insieme grunge, power rock e punk miscelando il tutto con l’aggiunta di quelle linee melodiche che, nei generi presi in considerazione, specialmente alle loro origini, erano solo accennate ma mai compiutamente sviluppate.
Ed allora dopo una terna di brani suonata con l’acceleratore a tavoletta, Scivola via, Il lungo addio e Se tutti urlano, la band inizia a “lavorare” maggiormente i brani, dando loro una struttura meno lineare, più variabile, pur mantenendo l’immediatezza già espressa prima. Non si interviene tanto sui suoni, che rimangono fondamentalmente in linea con l’approccio iniziale, quanto sulle ritmiche e sugli arrangiamenti, ed allora in un brano come Le cattive madri la chitarra inizia a muoversi su vari piani, dall’accompagnamento più lineare a passaggi più spezzettati, sino a brevi intermezzi solisti, mantenendo però sempre quel suono “grasso” e potente che le permette di reggere armonicamente i brani stessi.
Insomma, davvero una bella realtà, chiaramente da “testare” dal vivo, anche perché solitamente sono queste le formazioni che forniscono serate incandescenti sopra ad un palco, sul quale possono tranquillamente spingere a fondo ed esaltare quelle doti che, in studio, vanno certamente tenute “sotto controllo” per poter bilanciare i suoni; molto probabile che, dalle parti di un concerto dei The Maniacs, l’atmosfera si arroventi in maniera significativa.
01. Scivola via
02. Il lungo addio
03. Se tutti urlano
04. L’imperatrice
05. Intermezzo #1
06. Le cattive madri
07. Bellezza
08. Odio
09. Tu eri, io Ero
10. Intermezzo #2
11. Mi sembra di impazzire
12. Danza macabra
13. Aria
14. Doppio sogno
Riccardo Danieli: chitarra, voce Davide D’Addato: batteria, voce Cisco Molaro: basso, voce Alessandro Paiola: synth, percussioni