Franco Simone
È paradossale che appartenga al decennio più celebrato e analizzato del ventesimo secolo, gli incredibili anni settanta, la musica pop più trascurata dalla storiografia del Bel Paese. Vere enciclopedie sull’olimpo del cantautorato, sull’etno-folk recentemente assurto a patrimonio turistico nazionale, altarini per gli eroi del prog e del rock d’avanguardia, ma la musica leggera più pura, lasciando nell’iperuranio Battisti e le grandi interpreti femminili, è stata trascinata dalla corrente senza attenzione, portando sulle nostre rive post-moderne fossili a volte difficilmente decifrabili.
Tra l’epopea dei Morandi e quella dei Ramazzotti sembra vi sia stato un interim oscuro, di cui viene ricordato poco, neanche, persino, i vincitori dei Sanremo o dei vari Festivalbar/Disco per l’Estate. C’è poco da fare, la damnatio memoriae che negli anni ’80 ha colpito i cartoons Disney era passata prima dalle parti del pop italico da hit parade. Alunni del Sole, Drupi, Collage, Gianni Nazzaro, Giardino dei Semplici, Sandro Giacobbe, Homo Sapiens, sono solo alcuni nomi dei protagonisti archiviati di un’era non infausta ma neanche particolarmente brillante, certamente di transizione.
A quegli anni indefiniti, e quasi sperimentali nella loro innocente leggerezza, vicini all’imbuto di una disco music che poi tutto travolgerà, appartiene anche la storia di un giovane autore, Franco Simone, presto affermatosi con una serie di singoli di successo, come “Tu... e così sia”, “Tentazione”, “Respiro” e “Paesaggio”, che lo faranno stazionare nelle zone alte della classifica per quasi un intero decennio.
La proposta di Simone non è certo delle più originali, sceneggiate rock sussurrate e poi gridate, basate tranne un paio di brani (tra cui l’apprezzabile Cara droga, contro la piaga della dipendenza da stupefacenti che infiammava la gioventù dell’epoca), sul chiodo fisso della tematica amorosa. E oltretutto quasi sempre nella stessa declinazione: quella dell’innamorato che ha subito una delusione di cuore ma ancora vagheggia la sua diabolica femme fatale. Niente di male diremmo, lo facevano contemporaneamente anche Tozzi e Cocciante, ma con un impatto compositivo e simpatetico che troviamo uniformemente carente nel repertorio di Simone.
Nonostante ciò i brani più celebri si salvano e si difendono ancora piuttosto bene, come dimostra la raccolta C’era il sole ed anche il vento, quindici tracce rimasterizzate che selezionano con efficacia gli episodi migliori di una carriera complessivamente apprezzabile. Soprattutto i brani arrangiati da Alberto Radius trovano una loro dimensione estetica accattivante, anche se è la voce dello stesso Franco Simone l’autentico elemento d’eccezione che distanzia il repertorio dalle secche di un dimenticabile easy listening. Un incrocio ideale tra Massimo Ranieri e Julio Iglesias (non a caso il nostro si è conquistato negli anni un clamoroso seguito nei paesi latini anche oltreoceano) che supera entrambi i riferimenti per imporsi con un timbro potente, variabile dal graffiato al cristallino, vulnerabile ed espressivo, che negli anni della maturità ha permesso incursioni pregevoli nell’opera, nella musica sacra, classica e sinfonica.
Un’artista che si identifica nella sua voce, dalla quale anche noi dobbiamo partire per riscoprirlo nelle sue doti migliori. Ed è difficile immaginare un’occasione più definitiva e accessibile di C’era il sole ed anche il vento: memorie di una stagione non imprescindibile, ma ideale per donare tridimensionalità a un godibile medioevo musicale.
01. Respiro
02. Cara Droga
03. Tu…e così sia
04. Sogno della galleria
05. Malafemmena
06. Paesaggio
07. Tu per me
08. Tentazione
09. Fiume grande
10. Notte di san Lorenzo
11. Totò
12. Gente che conosco
13. A quest’ora
14. Notturno fiorentino
15. Ave Maria