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Emilio Marinelli Trio

Clouds Digger

Ci sono dischi che, ad un primo ascolto, “suonano bene”, che si ascoltano volentieri e che tecnicamente sono eseguiti in maniera egregia, eppure…

Clouds Digger, ultimo lavoro del trio jazzistico del pianista Emilio Marinelli ha proprio queste caratteristiche, incluso quell’eppure lasciato in sospeso.

La tracklist, innanzi tutto, composta da brani sicuramente importanti, ed altrettanto sicuramente assai conosciuti, da Message in a bottle a Redemption song, passando per una riproposizione in tre movimenti di Don’t stop me now e giungendo ad Are you gonna go my way, questo per restare nel campo del rock più popolare.

Poi c’è una serie di citazioni, diciamo così, più “colte, che vanno da Samuele Bersani a Leonard Cohen, a Kurt Weill, per concludere con la famosa Ma’ndo Haaway, regalata ad Alberto Sordi da Piero Piccioni.

Già da questa sommaria enumerazione si coglie il primo limite del lavoro dell’Emilio Marinelli Trio, ovvero l’eccessiva eterogeneità degli stili, che neppure la bontà delle esecuzioni riesce a “limare”; troppo forte è, nell’orecchio dell’ascoltatore, l’eco del brano originale, e per questo ci si sente un po’ sballottati fra epoche, stili, intenzioni e concezioni musicali troppo diversi fra loro per offrire un senso di continuità.

In questo senso rimane anche meno agevole cogliere, nell’esecuzione, quanto ci sia del brano originale e quanta invece sia l’elaborazione realizzata dal trio in fase di adattamento, e di conseguenza è come se la musica, per così dire, procedesse con il freno a mano tirato, quasi a strappi, limitando fortemente la libertà espressiva dei singoli componenti che riescono a “lasciarsi andare” in modo sensibile solamente nella rielaborazione del brano dei Queen, quello sì quasi del tutto stravolto dall’arrangiamento e non semplicemente rivisitato.

Che i musicisti jazz “peschino” spesso brani dalla musica rock non è certo una novità, ed i risultati spesso sono tutt’altro che disprezzabili perché queste riletture hanno sovente il pregio di sottolineare alcuni aspetti che le esecuzioni originali magari hanno toccato in modo marginale.

Il problema, come detto, si presenta quando i pezzi sono troppi, e soprattutto troppo eterogenei; il disco, certamente, si ascolta volentieri e, per lunghi tratti scorre anche in maniera piacevole, tuttavia rimane quel retrogusto un po’ freddo, quasi che gli esecutori non siano riusciti a “penetrare” nei brani arrivando al loro cuore, ma siano stati frenati da una maggiore ricerca della forma, dell’aspetto estetico.

Sull’aspetto tecnico ed esecutivo nulla quaestio, ma varrebbe forse la pena di mettere queste capacità al servizio di un repertorio più coerente, magari anche più personale, mettendo alla prova non solo le qualità tecniche, che rischiano di rimanere relegate ad un puro esercizio stilistico, ma anche quelle compositive: chissà che non ne venga fuori un risultato interessante.

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Emilio Marinelli, Gabriele Rampino  
  • Anno: 2011
  • Durata: 1:07:17
  • Etichetta: Dodicilune

Elenco delle tracce

01. Message in a bottle

02. Giudizi universali

03. Don’t stop me now:

      Preludio adagio

      Primo tempo andante

      Secondo tempo allegro

04. Redemption song

05. 25th hour theme

06. Are you gonna go my way

07. Hallelujah

08. Nanna’s lied

09. Ma’ndo Haaway

 

Brani migliori

  1. Don’t stop me now
  2. Are you gonna go my way
  3. Ma’ndo Haaway

Musicisti

Emilio Marinelli: piano Amin Zarringchang: doublebass Matteo Fraboni: drums