Pressoché omonimo del film di Davide Ferrario “Tutta colpa di Giuda” (fra gli interpreti anche Luciana Littizzetto), titolo a sua volta identico al brano d’apertura e che attraversa appunto il soundtrack della pellicola, questo album rivela i contorni di una proposta già sufficientemente matura e definita, pur trattandosi in realtà di una riedizione di “Togamagoga”, primo cd realizzato per la Sugar (2004; proprio il brano citato ne costituisce l’unico inedito) da Cecco Signa, cantautore, dj e attore (a teatro, nonché, brevemente, nello stesso film di Ferrario) che vi mette in mostra una certa ruspante, divertita voracità, del resto piuttosto tipica della sua terra, l’Emilia.

L’approccio è corporeo, per lo più diretto (magari qua e là persino un po’ ridondante, sovraesposto). Dopo un paio di brani di questo tenore, si capisce qualcosa in più del personaggio attraverso la scelta dell’unica cover in scaletta, Viva la campagna, brano lanciato giusto quarant’anni fa da Nino Ferrer. Ecco: se proprio vogliamo, le radici di Signa affondano abbastanza lontane nel tempo (c’è chi parla di “riciclaggio alla Jeff Beck e canzone pop, con richiami soul, folk, blues e rock’n’roll”: in pratica tutto un certo côté stilistico-espressivo, insomma; e aggiungiamoci pure, a nostra volta, il primo Edo Bennato, quello più scapigliato e naïf, peraltro, magari, senza lo stesso talento). La componente ritmica, a volte fino a un moderato martellamento, occupa in pianta stabile il centro del proscenio, anche se non mancano episodi più soft (Dolcemente, Alchimista, la stessa, breve quanto efficace, Giovanni, che chiude il cd). Un lavoro sul cui peso specifico le nuove cose a cui Signa starà certamente lavorando potranno dirci qualcosa di più preciso.

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Gigi