Garbo
Eppure qualcuno dagli anni
ottanta ci è uscito vivo. Se così non fosse Garbo non sarebbe stato protagonista due anni or sono di un
bell’omaggio in vita ad opera di alcuni nomi più o meno nuovi del pop italiano
(“Congarbo”) e non lo ritroveremmo oggi, a diciotto anni dalla fine (?) di quel
periodo, saldamente in sella alla propria musica con questo Come il vetro.
Conclusione di una trilogia
cromatica iniziata nel 2002 con “Blu” e continuata nel 2005 con “Gialloelettrico”,
il dodicesimo disco in studio di Renato Abate è una sintesi chiaroscurale dei
suoi due predecessori, dove la trasparenza è allo stesso tempo concentrazione e
annullamento di tutti i colori. Garbo si porta a presso il decennio da cui
viene e, senza tradirlo, non se ne lascia soffocare: i synth dettano le melodie
insieme al pianoforte, le chitarre intervengono quando è il caso di calcare la
mano (come nella cover di Baby I love you
da “End of the Century” dei Ramones), ma è soprattutto la qualità delle canzoni
a favorirlo. Alta nel caso dei singoloni “Voglio
morire giovane” (scritto interamente da Tao che vi presta anche la voce) e No; ai livelli di “A Berlino… va bene” e “Scortati” nella
divagazione da dancefloor in odore U2 “Pop” di Più avanti (penna condivisa con Alberto Styloo); classica, per la
discendenza diretta dai Depeche Mode, nell’eleganza meditativa della ballad Ciao (ad opera di Angelo Bellandi degli
Ovophonic).
A conti fatti butteremmo solo Voglio tutto, unica traccia a sentire il
peso degli anni ma anche perdonabile passo falso di un lavoro che rivitalizza,
pur senza troppo rinverdirla, l’elettronica pop-rock di casa nostra. Che Garbo
si conservi così.
01. Come il vetro
02. Chi sei
03. “Voglio morire giovane”
04. Lei
05. Più avanti
06. Ciao
07. Voglio tutto
08. Anni
09. Baby I love you
10. No
11. La mia finestra
12. “Voglio morire giovane” (radioedit)