Carla Bruni
Recensire un disco di Carla Bruni in questo momento non è
impresa facile. Prima delle canzoni arrivano infatti gli input derivanti dalla
clamorosa esplosione pubblica di un personaggio che, alla fama di modella e di
simbolo della bellezza femminile ha aggiunto in questi ultimi mesi quella di
essere la moglie del presidente francese Nicolas Sarkozy.
Nata a Torino ma trasferitasi in Francia a cinque anni con la famiglia, a causa
del timore del padre di subire aggressioni da parte delle Brigate Rosse, Carla
confessa di essere sempre stata innamorata della musica ma soprattutto della
chitarra, strumento che ha sempre suonato per diletto. Come musicista è esplosa
nel 2002 col primo disco “Quelqu’un m’a dit”, successo planetario ottenuto
grazie ad un magico equilibrio sonoro che ha avvolto l’intero album, replicato
l’anno scorso dal meno fortunato “No promises”, che comunque continuava la
strada del suo predecessore.
La stessa impressione l’abbiamo all’ascolto di questo recente “Comme si de rien
n’etait”, uscito lo scorso luglio e tornato a calcare le prime posizioni delle
classifiche mondiali come l’esordio. Si tratta di canzoni minimali, semplici,
che galleggiano grazie allo charme (e al nome) di Carla Bruni, che riesce a
realizzare un lavoro fragrante nonostante doti musicali certamente non eccelse.
Ma questo è il paradosso dell’oggi, che spesso relega nell’angolino gli artisti
e premia invece chi ha enorme forza
mediatica.
Detto questo ci risulta comunque difficile parlare male di questo disco, perché
in fondo l’album si ascolta piacevolmente. La chitarra è sempre in evidenza,
mentre la voce, pur non apparendo particolarmente estesa, ha un suo calore che
il canto in francese rende ancora più affascinante. Il primo singolo, L’amoreuse, è una filastrocca senza troppe pretese arrangiata da Julian
Clerc, per il quale Carla Bruni aveva composto i testi del suo disco “Si
J’étais elle”. Il brano si regge sui classici due accordi, eppure ha la strana
capacità di entrare in testa. Così come ad esempio Ta tienne, dove una batteria
un po’ sporca introduce la canzone e ritorna, accompagnata da un flauto, a fare
da ponte con il ritornello,.
Le tracce sono quasi tutte di Carla Bruni, a parte quattro , tra cui Il
vecchio e il bambino di Guccini e l’unica cantata in inglese, You
belong to me, traditional già ripreso da Dylan e interpretato con classe ed
eleganza dalla Bruni. Un disco che in definitiva ha un suo perché, merito anche
di Bénedicte Schmitt e dell’ingegnere del suono Dominique Blanc Francard, che
hanno coltivato con cura il terreno sonoro, utilizzando con sapienza stili
differenti, dal blues al cajun al minimalismo lo-fi fino a delicati dosaggi di
piano e perfino iniezioni in stile Twin Peacks (La possibilité d’une ile, testo dello scrittore francese Michel Houellebecq) tirando in maniera
decisiva la volata a Carla Bruni. Per
l’ennesimo trionfo.
01. Ma jeunesse
02. La possibilità d’une ile
03. L’amoreuse
04. Tu es ma came
05. Salut marin
06. Ta tienne
07. Péché d’envie
08. You belong to me
09. Le temps perdu
10. Dérangeres les pierres
11. Je suis une enfant
12. L’antilope
13. Notre grand amour est mort
14. Il vecchio e il bambino
Carla
Bruni: voce
Dominique Blanc-Francard: piano,
chitarra elettrica e acustica, autoharp, basso elettrico e basso a sei corde,
percussioni, tamburo, organo
Denis Benarrosh: batteria,
percussioni
Laurent Vernerey: basso elettrico,
basso, chitarra
Thierry Farrugia: sax
Freddy Koella: mandolino, dobro,
chitarra elettrica e acustica
Michel Amsellem: piano rhodes
Charles Pasi: basso
Christophe Marini: cello
Elsa Benabdallah: violin
Florent Brennant: alto violin
Karen Brunor: violino