Giorgio Conte
Ascoltare un disco di Giorgio Conte significa riuscire ad assaporare la gioia di vivere che pervade ogni momento del suo dire musicale e testuale. Sembra di passeggiare uno accanto all’altro, con un amico di lunga data che ti racconta storie vissute chissà in quale località lontana, ma fantasticamente vicina. Assaggiando ogni singolo brano, si percepiscono profumi di strade attraversate all’ora di pranzo così come a quella di cena; voci dai balconi, fischi nei parchi.
Se ci fermiamo ad ascoltare, oltre ai profumi, non possiamo fare a ameno di percepire i suoni della campagna, delle sue colline astigiane, di giornate passate ad osservare il volo di qualche tortora o ad ascoltare il crepitio del fuoco di un camino o magari all’aperto, come una volta quando nei pentoloni si faceva bollire quel mosto che di lì a poco sarebbe diventato qualche pregiato vino della zona.
Guarda caso il disco è nato proprio a casa sua, con la sua chitarra, il suo pianoforte e la fisarmonica di Walter Porro. A fare eco, il Come.Quando.Fuori.Piove del titolo che magari ti costringe a stare attorno al camino di casa a chiacchierare di donne (Tu), o a riguardare qualche vecchia foto del viaggio a Parigi, ricordando la visita Al museo d’Orsay, quei ricordi che scaldano il cuore(Ieri sì).
E se poi, seduti al bar del paese a masticare qualche oliva, ti capita di fischiettare mentre ti avvolge un bouquet di profumi, odori di festa, calore di carillon, (Di vaniglia e di fior) allora, vuol dire che quella delicata malinconia che ti prende, respira di maturità trovata, di strade percorse, ma mai di assenze insopportabili, con una leggerezza che solo Giorgio Conte riesce a trasmettere, anche quando parla di abbandoni (Aria, terra e mare, Gli innamorati e la marina) o addirittura di morte, come ne La sorpresa, dove alla fine il personaggio si congeda con questi versi: "Comandante per favore sono stanco di viaggiare dica un po’, navighiamo già da ore lunghe un'eternità...il contratto parla chiaro, si sapeva la partenza questo si, ma l'arrivo è una sorpresa, dove e quando non si sa...". La sensazione è sempre quella del calore, quello famigliare ("Come quando fuori, piove, meglio stare in casa, la finestra chiusa con il gatto in grembo che ti fa le fusa..."), o quello degli amici o della semplicità della campagna, con il contadino e gli animali (Scaricabarile).
Un album dunque che apre il cuore, che ti accompagna in un viaggio ideale, ti prende per mano, ti commuove e ti fa sorridere timidamente, come guardando quelle cartoline che sembrano dipinte dalla mano e dalle note di Giorgio Conte. Il disco si può considerare una sorta di anticipazione del libro che è uscito il 3 novembre scorso per Cairo Editore, Un trattore arancio in cui il Nostro racconta l'Italia degli anni Cinquanta in cui si incrociano storie intrise di delicata malinconia, di ironia sottile, freschezza e spontaneità, le stesse che contraddistinguono le canzoni di Giorgio Conte.
Una nota finale sull’unico pezzo non scritto da lui ma dal suo famigliare più prossimo e meglio noto, il fratello Paolo: Monticone, un pezzo “antico”, nato nel 1977 e decisamente in linea con la “semplicità” dei paesaggi e delle fotografie di tutto il disco.
01. C.Q.F.P.
02. Ieri sì
03. Tu
04. Di vaniglia e di fior
05. Aria, terra e mare
06. Gli innamorati e la marina
07. Al Museo d’Orsay
08. Balancer
09. Géo
10. Scaricabarile
11. Continua così
12. La sorpresa
13. Monticone
Giorgio Conte: voce, chitarre, richiami, carillons Walter Porro: fisarmonica, pianoforte, Hammond, sinth, armonica, e altri strumenti (scatole di chiodi, piatti di batteria ecc.)