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Daniele De Gregori

Cura

Fa molto rumore il titolo di questo disco. Un rumore che sembra, dall’altisonante, unica parola ‘Cura’, dover aprire mondi di verità inoppugnabili e certezze granitiche, quasi un viatico per liberarsi di ogni personale fatica, per chi ascolta, abbandonandosi a otto tracce salvifiche, come spesso la musica fa. E, in effetti, ci si infila subito nelle camicie stiratissime di Daniele De Gregori con fiducia, nel suo modo gentile, pulito, pettinato di stare sul palco e anche nel disco (con tanto di chitarra al seguito), ma si esce, dopo diversi ascolti, pieni di tante domande e con un qualcosa che ti punge nella testa e non ti porta i conti in tasca. Cura racconta di un cammino di rinascita, una sorta di narrazione di un percorso ancora in atto che ha accompagnato il cantautore in diversi processi connaturati con quella che è la vita di ciascun essere umano: mutamenti lavorativi, amorosi, scelte sbagliate, conseguenti dolori e ferite da leccare, passi nuovi da fare.

Ma le chiavi di lettura offerte hanno un perno, che De Gregori ha dichiarato in più interviste, intorno a cui occorre fermarsi e riflettere: «salvarsi da soli è probabilmente possibile, certamente inutile». In ogni traccia, infatti, è come se ci fosse una ricerca dell’altro, un demandare al tempo, al domani, a “gente operosa intorno a me che durante un trasloco selezionava oggetti da tenere o buttare per sempre” (Qualcosa di me), ai cambi di guida e allo scorrere dei caselli autostradali (Cruise control), al dolore da confondere perché diventi superficiale fino a non essere più reale (Sempre la stessa canzone). Luglio e Milano, soprattutto, traccia che canta con accorato affetto una gratitudine verso chi lo ha ripreso dalla collottola e rimesso su un palco in un momento difficile in cui aveva pensato di mollare la musica, avvalora il rapporto di reciprocità dello scambio umano, ma fondamentalmente scagiona dalla assunzione di responsabilità, che, nell’idea severissima di chi scrive, è compito primo dell’individuo. Tanto quanto quello di esserci nelle canzoni in prima linea, coi denti e i nervi da fuori.

De Gregori, invece, imposta in testa la voce, come a voler tenere nei pensieri tutto, poi scende e graffia, ma ogni tanto risale e si nasconde; resta nel mezzo, guardando di sottecchi il pubblico, chiedendo un riscontro anche a lui e questo fa sì che tutta l’operazione, per chi in quelle quattro lettere di ‘Cura’ cercava una mano, generi smarrimento. Si cammina nelle pieghe di un pop fresco, ma solo in un momento la luce si spegne per davvero, si mollano totalmente gli ormeggi e ci si aggrappa al peso specifico del titolo. Tutto plana leggero e potente, scende nella pancia l’intenzione, l’idea, e il coraggio si vede nudo. È in Eleonora, brano dedicato a sua moglie, sua grande àncora di salvezza, con cui ha trovato una identità nel binomio. E si sente perfettamente, in tutto il pezzo, lasciando all’amore, come sempre, il compito più facile e difficile del mondo: poter essere in due, senza perdersi, nel posto giusto. Per nostra idea, non solamente salvarsi da soli è possibile, ma necessario, per poi essere, con tutte le costole dritte e in fila, pronti ad affrontare i cambiamenti e gli incontri che la vita ci offre, pubblico compreso.
Nel frattempo ascoltando Nebraska. Perché no.

P.s. Una chicca, infine: pregevoli sia la scelta che l’arrangiamento de Il re del mondo di Battiato, che da sempre ci tiene prigioniero il cuore.

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In dettaglio

  • Anno: 2023
  • Etichetta: Goodfellas

Elenco delle tracce

01. Le case mangiate dal sale

02. Eleonora

03. Qualcosa di me

04. Il re del mondo

05. Cruise control

06. Sempre la stessa canzone

07. Luglio e Milano

08. Nebraska

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