Om
La vita ai tempi del “de-capitalismo”, lobotomizzata dalla pubblicità, consumata sul divano sotto l’invasione di mille suggestioni televisive, dal cinema nobile al nazional-popolare, sprecata per sempre sulla «strada ghiacciata di un sabato sera» che «diventa di cera» (Strade di cera), agitata dalle frenesie dell’insonnia o da priapismi bestiali ed antichi, boa fluttuante tra sentimenti che cambiano o preda di un lavoro che «è una solitudine»: ecco la waste land del terzo lavoro dei siciliani Om, fotografata a scatti di satira, in un eclettismo musicale che a tratti ricorda (anche per l’efficacia dei testi) i conterranei Marta sui Tubi (come loro attivi dal 2002) o strizza l’occhio a Giuliano Palma (v. la vintage Non ti amo più, con crescendo impetuosi).
Un crossover scoppiettante di ritmi franti e giocosi, fiati, fisarmoniche, chitarre e brevi sprazzi di elettronica space inietta nel post-punk distorsioni elettriche, corpose da classic-rock o più cupe da alt-rock che sporca la solarità diffusa (Quand’è che sei fuggita via), garage dondolante ed insieme graffiante, coretti anni ’60, cinematici synths surf, mentre il folk si veste di colori patchanka e ska (si ascolti la surreale Marionetta). Alla varietà musicale di questo album, prodotto dal Conservatorio di musica “Vincenzo Bellini” di Palermo, corrisponde un turbinio citazionista post-moderno in musica e parole, che travolge stravolgendo e mescolando Ingmar Bergman e Bruce Lee, i Led Zeppelin di Immigrant Song (diventata colonna sonora per un inseguimento con E.T. tra fiati e cambi di ritmo nella mirabolante Attualità!) e la Azzurro dell’Avvocato.
La malinconia scorre sotterranea tra i costumi di un circo caposseliano di ritmi trascinanti, musica popolare e finezze jazz di giullari per sopravvivenza, che la solitudine pian piano spegne (C’era una volta), oppure rende drammatica, come di nascosto, la levità più scanzonata (v. Strade di cera, con epilogo tragico in una stravolta marcia funebre). Ed ancora la tristezza è musa velata che si gode un trionfo amaro nello spaesamento da addio di una ballata struggente per piano, con movenze da carillon nelle lacrime sulle illusioni dell’infanzia (la splendida Io potrei).
Quella degli Om è musica intelligente, che non percorre però strade pretenziosamente intellettualistiche o spocchiosamente cantautorati, ma gioca con contaminazioni divertenti e oniriche per raccontare le storie serie di un presente grottesco.
01. Priapo
02. Attualità
03. Insonnia
04. Marionetta
05. C’era una volta
06. Strade di cera
07. Io potrei
08. È tempo
09. Quand’è che sei fuggita via
10. Non ti amo più
11. (Il lavoro)
Gabriele Ajello: voce, piano, tastiere, fisarmonica Marcello Barrale: voce, chitarra acustica ed elettrica Nicola Mogavero: sax soprano, tenore e baritono, cori Francesco Prestigiacomo: batteria, percussioni, cori Giuseppe Schifani: basso