Giorgia Del Mese
Giorgia del Mese ha cambiato casa. E ci sta anche bene. Gli spazi sembrano più ampi. Il problema è che cosa ruota attorno a questa benedetta casa. Paranoici che informano quanto il mondo sia pericoloso; ronde che assicurano la protezione; nuovi moralizzatori pronti a fornire liste di prescrizione.
Fuori di metafora la nuova casa cantata in questo bel disco da Giorgia del Mese è uno spazio mentale nuovo in cui poter vedere con maggiore chiarezza le macerie fumanti di una società (quella italiana ma non solo) ormai allo sbando.
Un disco impietoso, crudo, quasi cinico. Per vedere l'esterno occorre prima di tutto guardare anche dentro di sé e Giorgia appare spietata pure contro se stessa, contro i propri sbagli. Ma pronta comunque a perdonarsi, a chiedere cura e protezione (“Curami, curami / esagero: amami”, La mia nuova casa). Con la consapevolezza che ciò può avvenire solo se per primi ci si prende cura, appunto, di se stessi. Anche per questo motivo, Di cosa parliamo, pare il risultato di un lungo lavoro introspettivo, il lavoro di una persona profondamente ferita e tradita che cerca in se stessa i mattoni per ricostruire e ripartire.
Per vedere bene ciò che ci sta accanto occorre, però, una certa distanza; una sorta di isolamento che non ci condizioni. Ecco, allora, emergere alla vista una società profondamente machista in cui bisogna sempre dimostrare la propria superiorità, una società che celebra continuamente l’antagonismo, la legge della giungla e, soprattutto, il timore verso l’altro. Solo così chi alimenta paure può ergersi a unico difensore contro le stesse (“C’hai messo impegno ma non m’hai convinta/ capisco il senso e non te la do vinta/ sei stato bravo a farmi più paura/ però è con te che non mi sento sicura”, Libera le strade libere).
I singoli sono schiacciati o giacciono in case (ben diverse da quelle di Giorgia) chiuse, claustrofobiche in cui l’unica voce è quella della tv che fornisce, al solito, notizie sul nulla per imbonire, per rassicurare e far assopire coscienze (“È la sparizione del reale/ la voce assurda del Potere/ non mi dirà mai dove andare/ ma la strada che conviene”, Spengo). Sembra quasi di risentire il vecchio adagio di Marco Travaglio: la morte della notizia. Si parla di tutto per parlare di niente. Ecco, di cosa parla la società? Del nulla. La parola si riduce al suo grado zero o viene totalmente desemantizzata se non rovesciata (“Hai visto, hai visto/ come sembri importante/ come teorizziamo tutto/ parlando di niente”, Di cosa parliamo).
Ne dà una precisa dimostrazione la stessa Del Mese in Alla rovescia, in cui tutta una serie di affermazioni apodittiche devono essere (come se si trattasse di una sorta di continua litote) interpretate appunto alla rovescia: “E il gilet di mio padre/ non è consumato/ il contratto della luce / non è stato tagliato/ è lui che ha scelto l’austerità/ è un uomo sobrio”.
Ci pare di poter dire che è proprio per ridare importanza alle parole (di cosa parliamo, appunto) che questo disco si presenta come un lavoro estremamente verbale (senza essere verboso), tanto che i versi sono stipati di parole e sembrano quasi strabordare: “libera le strade libere senza delibere/ non recintare io devo circolare/ libere le strade libere senza delibere” (Meglio di te) e con una tendenza ad un periodare nominale: “occhi/ da telespettatori/ le nostre spiegazioni/ irresponsabili/ pronti/ a diagnosi e rimedi/ digiorni intossicati” (Stanchi).
Ma cosa ci può salvare, allora? Forse l’amore (e non è un caso che le uniche canzoni in cui emerge l’argomento siano cantate a due voci, da Alberto Mariotti in Stanchi, da Alessio Lega - nella foto a fianco - in Agosto e Paolo Benvegnù in Imprescindibili). Ma anche in questo caso con la consapevolezza che l’amore non è un rifugio sicuro. L’amore va costruito (Fossati docet) passo passo. Ma attenzione, Amore può diventare anche una parola consolatoria, può diventare essa stessa una parola vuota. Forse i due amanti di cui parla Giorgia del Mese sono davvero imprescindibili, ma solo se capiscono che “per sempre” è un’espressione… per sempre “è un bastardo” che dobbiamo noi faticosamente incarnare.
In conclusione un gran bel disco, che dimostra la grande maturazione della cantautrice. Una potente opera pop-rock che deve molto anche all’ottimo lavoro del cantautore e polistrumentista toscano Andrea Franchi (a sinistra nella foto) in fase di produzione e arrangiamento. Da ascoltare, soprattutto per chi crede che la canzone d’autore sia necessariamente autoreferenziale e noiosetta!
01 Stanchi
02 La mia nuova casa
03 Alla rovescia
04 Meglio di te
05 Agosto
06 Di cosa parliamo
07 Spengo
08 Il bene
09 Vabbè
10 Imprescindibili
Giorgia Del Mese: Chitarre e voci - Andrea Franchi: Chitarre, Tastiere, Batteria - Fausto Mesolella: Chitarre (in Agosto)