Red Onions
Già Prologo chiarisce molto di ciò che i Red Onions andranno a proporre nel loro album ed il titolo stesso del lavoro, Diario di un Uomo qualunque, sottolinea anche il punto di vista della band.
Ma analizziamolo meglio: approccio sicuramente prog, pur in assenza di tastiere, con un interessante lavoro delle due chitarre che si occupano insieme di creare le melodie; alcune infatuazioni hard rock, qua e là, sempre comunque di matrice settantiana, mai un’esasperata ricerca del virtuosismo o dell’ipervelocità, altro “vizietto” per lo meno discutibile di questo genere musicale.
A questo va aggiunto il fatto che i testi, contrariamente a quanto si possa pensare, non si riferiscono a miti, leggende, non parlano di favole, non sconfinano nella fantasy, rifuggono, insomma, qualunque stereotipo prog, vertendo, invece, su argomenti “politici”, personali o sociali, politici nel senso che vanno a toccare argomenti di “pubblico interesse”, riferibili alla “polis” appunto, alla gente.
Alcuni passaggi, Numinosa diagnosi, ad esempio, lasciano tracce pinkfloydiane, anche se le chitarre, ruvide e corpose, deviano subito il discorso verso altri lidi.
Ne viene fuori un singolare mix di cantautorato “impegnato” e musica strumentale, che, forse anche per gli arrangiamenti molto essenziali ed asciutti, suona molto vintage, come se una vecchia e gloriosa chitarra elettrica fosse stata estratta dalla sua custodia dopo anni di silenzio.
Suoni, insomma, che vengono dal passato, Night time blues ne è un esempio più che lampante, ma che non risultano affatto datati; quella patina che, idealmente, li ricopre, va attentamente rimossa, così da restituirli al loro splendore originario.
Con Epitaffio per la prima morte di un sogno e la successiva Paesaggio notturno, la band dichiara, in modo evidente, il proprio amore per band come Free, Rare Bird, Groundhogs, Steamhammer, Leaf Hound, ovvero quelle band che, pur spesso misconosciute, hanno rappresentato una sorta di anello di congiunzione “sotterraneo” fra prog, rock e blues.
Restando in Italia, non è da sottovalutare una certa somiglianza con alcune cose degli Stormy Six.
Un lavoro corposo, dunque, che oltre a mettere d’accordo vecchi fans del genere e nuovi adepti, contribuisce certamente ad un rilancio che ormai dura da diversi anni; del resto né l’ondata punk, che lo aveva spazzato via alla fine degli anni ’70, né i tappeti di elettronica che lo avevano relegato in una nicchia per pochi adepti, sorta di “sopravvissuti”, sono riusciti a piegare definitivamente il progressive.
Riemerso quasi di soppiatto verso la metà degli anni ’80, recuperato da molte band metal che l’hanno stravolto, adattato, ma comunque considerato fonte di ispirazione, nel terzo millennio è divenuto oggetto di ricerca, culto, destando l’interesse di ascoltatori e musicisti che, nel periodo del suo massimo fulgore, talvolta neppure erano nati… e questo è un segnale che non può che far sorridere.
01. Prologo
02. Diario di un uomo qualunque
03. Numinosa diagnosi
04. Night time blues
05. Epitaffio per la prima morte di un sogno
06. Paesaggio notturno
07. Ricordo di bimba
08. Serpenti
09. Occhio del giorno
10. Disarmonico allegro
11. Epilogo?
Leone Pompilio: chitarra, voce Davide Grillo: chitarra, voce Ali Adamu: basso, voce Marcello Mangione: batteria, percussioni