Alchera
In tempi di isterichia coli ipertrofici, vedersi spiattellati muscoli cardiaci crudi in mezzo booklet non fa proprio benissimo allo stomaco – ma d’altronde la nuda crudità della materia decadente è la metafora più lampante del titolo di questo album, Discarica di Sogni. Gli Alchera, formazione alt-rock già attiva da fine anni 90, tornano con questo terzo album in studio, proseguendo sul percorso di ibridazione elettronica già inaugurato.
Dalla title-track d’apertura, è evidente che l’immaginario sonoro è lo stesso a cui siamo abituati da tempo: synth inquieti “molto 80s”, vocalità estensibili che passa da Yorke a Bellamy, bordate di chitarre su arpeggiati lanciati in eco – con condimento di amori inquieti e torciesistenza (Livido, il carillon elettronico di Come cera), voyeurizzati (Da dietro il vetro, o, paradosso, a-sessualmente in Semplicemente attenta), torridamente altèri (su tipi Franz Ferdinand in Quindici agosto, o Vestirti di me), persino autistici (L’impossibilità). In coda, la sospensione post-industriale di Tramonto petrolchimico.
Sorvolando sulla cover de La canzone dell’amore perduto di De André (esercizio di manierismo davvero evitabile) e sulla compiaciuta parentesi strumentale Electrowest (a metà tra Interpol e Morricone/Micalizzi – un po’ “modaiola”, no?), “Discarica di sogni” è frutto di una profusione produttiva non trascurabile, ma rimane imprigionato nel già sentito e nella derivatività in quasi tutti gli aspetti (anche se le idee musicali ci sono e baluginano). La prossima volta: ancora, ma con più vigore.
01. Livido
02. Da dietro il vetro03. Semplicemente attenta
04. Come cera
05. La canzone dell’amore perduto
06. Quindici Agosto
07. ElectroWest
08. L’Impossibilità
09. Vestirti di me
10. Tramonto petrolchimico
Alessio: voce e synth. Barabba: basso. Kiodo: chitarra. Sergio dei Sergi: elettronica e synth. Sergiolinoi: batteria.