Sharg Uldusù 4tet
Se in un mondo globalizzato ha ancora senso parlare di “world music”, ebbene il progetto portato avanti dal polistrumentista Ermanno Librasi e dal percussionista Francesco D’Auria, con la collaborazione di Elias Nardi all’oud, di Max De Aloe alle armoniche e di Emanuele La Pera alle percussioni, può senz’altro rientrare in questo genere musicale, e lo può fare nel senso più vero ed originario del termine, quando per world music si intendeva il recupero e la riproposizione non solo di melodie e di armonie, ma anche di strumentazioni riferibili ad epoche remote, a culture millenarie, in linea di massima mediorientali, solamente occasionalmente sfiorate dai viaggiatori occidentali.
Il progetto Sharg Uldusù 4tet catapulta l’ascoltatore, ed il titolo in questo senso non mente affatto, proprio in mezzo alle Dune, e lo fa tornando “alle origini”: piazza pulita di qualsiasi commistione con altri ambiti culturali, ed un lavoro filologicamente ineccepibile, che riporta in vita in forma originale, ma con suoni brillanti ed attuali, una tradizione antica e consolidata, a cui offrire solo un palcoscenico più grande per potersi far conoscere. Scenari assolati, caldi, spazi indefiniti, raccontati attraverso dieci tracce in cui ci si può trovare, all’occasione, di fronte al più inafferrabile dei deserti o al più vivace dei suq passando in questo modo dalla solitudine più profonda e silenziosa al caos più popolato e movimentato, ma lo si fa sempre senza perdere di vista l’ambiente in cui queste “scene” si andranno a svolgere.
L’incontro fra Oriente ed Occidente avviene senza che nessuna delle due culture si “diluisca” all’interno dell’altra, e questo non tanto per una, inutile quanto becera, questione di purezza, ma piuttosto per un senso di rispetto reciproco: strumentisti occidentali, cresciuti tecnicamente in un certo contesto, si cimentano con melodie ed armonie orientali cercando di estrarne davvero l’essenza, musicale, visuale e spirituale. Solo dopo aver approfondito, a lungo, la conoscenza reciproca, si potrà iniziare a mescolare le espressioni, ad amalgamare le visioni sonore, ad unire l’approccio e lo stile, perché il rischio che si corre nel farlo subito è quello di giustapporre semplicemente differenti metodi, in modo quasi didascalico, realizzando una sorta di indiretto confronto che non aiuta affatto l’approfondimento e la comprensione. Come ogni arte, anche la musica, specialmente quella che proviene da contesti differenti dal nostro, va maneggiata con estrema cura, va prima capita e poi assorbita, prima di poterla elaborare e soprattutto rielaborare. Lo Sharg Uldusù 4tet in questo senso ha realizzato un lavoro metodico, profondo ma per nulla freddo o meramente descrittivo, carpendo via via le suggestioni intime di un mondo geograficamente lontano e riproponendole con perizia e con rispettosa scrupolosità. I mondi, anche quelli musicali, si avvicinano davvero quando i musicisti si immergono, senza remore o inibizioni, all’interno di ambiti a loro ignoti, ed un po’ come bambini ne assorbono con innocenza le fascinazioni.
Foto di Michele Boffilo
01. Nihawend lunga
02. Layli Djan
03. Dune
04. Kaleidos
05. E le stelle
06. Fil hadika
07. Kir Cicek
08. Cisternino
09. Fragman
10. Uskudar
Ermanno Librasi: metal, bass clarinet, balaban, furulya - Max De Aloe: chromatic, bass harmonica, fisarmonica - Elias Nardi: oud - Francesco D’Auria: drums, percussion, hang - Emanuele La Pera: percussion