Alessio Lega & Rocco Marchi
E ti chiamaron matta
Un album pubblicato nel 1972 rivede oggi la luce
attraverso l’idea di
Alessio Lega e
di
Rocco Marchi (Mariposa).
E ti chiamaron matta di Gianni Nebbiosi
torna così ad essere disponibile all’ascolto in tutta la sua interezza e
dolorosità. Già, perché questo lavoro di Nebbiosi nacque con l’urgenza di
mostrare al mondo dei “sani” quella realtà tenuta nascosta nei manicomi. Il
matto come elemento sociale da allontanare dalla società e, possibilmente, da
disintegrare nella sua essenza di essere umano. Ora le cose sono cambiate?
Secondo Nebbiosi, che ha scritto una nota introduttiva all’album, mica tanto.
Però a noi preme conoscere anche l’aspetto artistico di cui, certamente,
possiamo dire molte cose tranne che si tratti di un lavoro commerciale. Un
album breve (di circa venti minuti la durata) da ascoltare tutto d’un fiato
avendo il coraggio di giungere fino alla fine perché, francamente, non è facile,
e non per demeriti artistici, ma perché le canzoni di “E ti chiamaron matta”
fanno scorrere davanti agli occhi un mondo, fatto di situazioni e memorie, che
fa male. Checché se ne dica, la malattia psichica fa paura e in brani come
In un anno e più d’amor, Ti ricordi Nina, E
qualcuno poi disse si concentrano e si coagulano i dolori di una realtà
troppo dura da sopportare e superare. Bisogna dare atto a Lega e Marchi d’avere
avuto il coraggio di andare controcorrente, di aver cercato non il facile
applauso per avere affrontato un tema difficile ma di avere posto nuovamente l’attenzione
sul tema del disagio psichico e sul lavoro di Nebbiosi, coniugando
perfettamente in una sola unità azione sociale e artistica. Insomma: Lega ci ha
spiazzato ancora una volta come già è avvenuto con i suoi precedenti lavori. Qui,
grazie anche alla sua voce suggestiva e al supporto musicale di Marchi, riesce
a insinuarsi come non mai nella nostre coscienze troppo spesso anestetizzate
dal vivere quotidiano.
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