Comelinchiostro
È probabile che abbiamo lo stesso modello di sveglia io e Comelinchiostro: perde dei minuti, ovvero l’attimo fondamentale, quello in cui accade l’irreparabile, “l’istante preciso che segna il passaggio”, come canta nella canzone Invisibile. A gente come noi quel momento rimane invisibile, oppure siamo noi a non essere notati dal mondo, troppo indaffarato con le sue enormi tragedie che ci schiacciano inesorabilmente nel nostro piccolo cantuccio. Non sono solo dei Brutti sogni. Le tragedie accadono realmente: ma la sensazione di spaesamento che si prova nell’apprenderle è grande quanto quel ritardo, e tutti parlano di un fatto o un evento che devi conoscere per forza, che non puoi non conoscere, di cui già devi sapere ogni piccolo risvolto e commento.
A nessuno viene in mente che si possa vivere “fuori”, su un’Altalena in mezzo al mare per esempio; a nessuno passa per la mente che c’è chi schiva il mare d’informazione, commenti, dichiarazioni, litigi, sentenze, cordogli e menefreghismi di cui sono costellati i mezzi di informazione. Ci subissano di notizie inutili, di spazzatura mediatica e purtroppo anche di strazianti tragedie che si confondono per importanza in mezzo al gossip dei vip più nudi.
La condizione di Comelinchiostro, al secolo Giorgio Bravi, è la stessa di un Kafka redivivo, condito con del pascolismo orfico lontanuccio da Campana, più Carroll, anche nel suo diretto coinvolgimento di bambini che esprimono la loro opinione sulla Felicità in più di un pezzo di Epicentro, album che già nel titolo identifica spazialmente e moralmente l’impossibilità di essere al di fuori del quotidiano, l’impossibilità di essere menefreghisti.
Come una cascata di eventi sonori e rumori molesti, la musica di Comelinchiostro si imbeve di un’elettronica pop-rock che all’inizio lascia un po’ perplessi e fa pensare che sia uno dei tanti artisti poppanti del mainstream: ma c’è differenza tra baby e fanciullino, direbbe il vero Pascoli made in Italy, e così come dobbiamo distinguere le vere cose importanti nella fogna mediatica, dobbiamo anche riuscire a estrarre dal fango questa perla molto inzaccherata.
È una condanna la vita e va scontata per forza di cose con l’ergastolo: trovare gli sprazzi di felicità in questo terremoto è l’unica via d’uscita, l’unica scappatoia montaliana, “siamo stanchi di sperare e aspettare tempi migliori”: il singolo Tempi migliori è un po’ l’emblema del disco, sì per la sua musica pop-rock molto ritmata che conserva una struttura semplice, pur nelle variazioni minime che colorano bene sia il brano che il gustoso videoclip. Ma è soprattutto una fucina di citazioni, un collage di pensieri rimaneggiati e difficili da googlare, che vanno da Montale (“e vi guardiamo da lontano, noi della razza di chi resta a terra”) ai Pink Floyd (“spesso dimentichiamo la parte di luna in ombra”), da Beckett/Claudio Lolli (“aspettando l’arrivo dell’ennesimo Godot”) a giornalisti contemporanei e coraggiosi come Sandro De Riccardis (“La mafia siamo noi”). È una dialettica ambigua che si instaura tra trascorso e avvenire: siamo intrisi di un passato aspettando un futuro migliore, e ci ritroviamo sempre come Leopardi a pensare che la felicità non sia mai nel presente, ma nel ricordo e nella speranza.
Ci troviamo tutti all’epicentro nella ricerca della felicità: accorgersene forse può migliorare la vita…ma forse.
https://www.facebook.com/Comelinchiostro/
01. Goccia
02. Brutti sogni
03. Invisibile
04. Tempi migliori
05. L’altalena
06. Non di fumo si muore
07. Lezioni di apnea
08. La felicità
09. Senza rumore
10. A me mi piace l’arcobaleno (bonus track)