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Outopsya

Fake

Anni fa un giovanissimo Alice Cooper intitolava il suo ottavo album in studio Welcome To My Nightmare; ebbene, trentasei anni dopo, anche se con un approccio musicale indubbiamente differente, gli Outopsya prendono idealmente a prestito quel titolo, per condurci davvero nel profondo dei loro incubi.

Un inizio quasi “blacksabbathiano” (ricordate le campane a morto nell’intro di Black Sabbath? Bene, siamo in quei dintorni…) che immediatamente trascina l’ascoltatore in una sorta di abisso sonoro, atmosfere cupe, soffocanti, grondanti di umidità e permeati di oscurità, una commistione di prog-metal, doom, industrial, in cui è necessario avventurarsi con una certa circospezione, perché le sorprese sono dietro ogni angolo, senza alcun avvertimento.

Un album, Fake, per niente facile, il cui ascolto richiede, al di là dell’attenzione, una certa predisposizione d’animo.

Lo possiamo certamente definire “prog” nel senso che si tratta, in effetti, di un “work in progress”, con uno sviluppo che prescinde dalle classiche alternanze fra strofe e ritornelli, che non si fossilizza fra parti ritmiche e parti soliste.

In alcuni passaggi ci sono molti riferimenti alle colonne sonore, ad esempio dei Goblin, e questo ne fa sicuramente un lavoro, a suo modo, impressionista, in altri si scorgono importanti somiglianze con i suoni, più sperimentali, dei Tangerine Dream, per quell’idea di sound spaziale dalla forte connotazione elettronica.

In questo senso l’album è, di fatto, una sorta di lunga suite che occupa ben due dischetti perché necessita di spazio per poter sviluppare tutta la propria energia.

Sicuramente “doom”, non tanto per questioni tecniche visto che, ad esempio, non c’è quasi traccia di cantati “growl”, quanto per un discorso “ambientale” e tonale: sonorità cupe, si è detto, suoni secchi, a tratti quasi stoppati, qualche lampo melodico delle tastiere, mentre chitarre, basso e batteria viaggiano su ritmi martellanti e dai toni ruvidi.

Altrettanto sicuramente “industrial”, perché soprattutto in alcuni passaggi, ad esempio N oh, oppure 99% of people will skip e le successive Nausia e Phantom, la scarnificazione sonora raggiunge un ermetismo ed una essenzialità davvero “metalliche”, privandosi delle sovrastrutture armoniche pur non votandosi del tutto ad espressioni “rumoristiche” pure.

C’è dell’altro, però: quel pianoforte distonico, assai vicino alle sperimentazioni effettuate negli anni settanta con il piano “preparato” rivela, a sprazzi, un abbozzo di ricerca quasi jazzistica non lontanissima, almeno nelle intenzioni, dai percorsi più estremi di Archie Shepp.

E, se vogliamo, certi passaggi morbidi, melliflui, trasognati, ad esempio Lilies, creano situazioni che si possono certamente interpretare come un nuovo approccio alla psichedelia, forse meno melodico ma non meno ricco di elementi a loro modo “insinuanti”, suggestivi, affascinanti…

Nel secondo dischetto il discorso si sposta maggiormente verso un rock più strutturato ma sempre poco convenzionale; tali sono gli echi palesemente “crimsoniani” di The word has been, gli ”strappi” di Anxious, le linee di basso e la chitarra acida di Enter the brain o anche le pennate dense di eco di Khen.

Tanta, tantissima carne al fuoco dunque; c’è materiale da sviluppare per parecchio tempo, ci sono scelte da valutare, direzioni da prendere… non male come prospettiva.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Luca Vianini
  • Anno: 2011
  • Durata: 1:31:34
  • Etichetta: Lizard Records

Elenco delle tracce

Cd1:

01. Useless, fake & awful

02. Engage

03. Rays, rays, rays

04. Engage (reprise)

05. N oh

06. 99% of people will skip

07. Nausia

08. Phantom

09. Lilies

10. My joy

11. Insane

 

Cd2:

01. The word has been

02. Anxious

03. Enter the brain

04. Lanterns

05.Loving you sick (pt.1)

06. Khen

07. Virus

08. Loving heat

09. Khen khen

10. Enter the heart

11. Loving you sick (pt.2)

Brani migliori

  1. Lilies
  2. The word has been
  3. Enter the brain

Musicisti

Evan Mazzucchi: bass, cello, noises Luca Vianini: guitars, vocals, synthetizers, drums