Fake P
Cinque ragazzi, strumenti suonati
alternativamente da tutti, tre demo autoprodotti (“Zero Crossing”, “Pigeons”)
di cui uno doppio (“This will be the past” e “This has been the future”), un ep
(“Last”) e infine un disco d’esordio che porta il loro stesso nome: Fake P. Cantano in inglese, suonano un
pop che ricorda molto quello dei Blur e dei Travis, ma Vittorio Pozzato,
Oliviero Farneti, Luca Valentini, Matteo Mohorovicich, Guido Bianchini (i nomi
dei componenti della band) sono tutti artisti di casa nostra.
Per il loro primo disco i Fake P
hanno scelto una linea melodica che si distribuisce in modo uniforme in quasi
tutti i quattordici brani: base rock rivestita di elettronica, ritornelli
orecchiabili e giri di chitarra che richiamano le atmosfere tipiche degli anni
ottanta.
Si inizia con Boy, canzone dal sound leggermente ska,
adatta all’ascolto in una bella giornata di sole per gironzolare senza troppi
pensieri in giro per la città. Del resto come dice il “ragazzo” della canzone «good
for me, or bad for me, doesn’t matter, I don’t care at all».
Pur somigliandosi un po’ tutte
dal punto di vista ritmico, non mancano le idee. Come non elogiare l’intro
funkeggiante di Coward Bourgeois, o
l’apparente ballata che all’improvviso diventa un pezzo rock fino a
rimodellarsi e a diventare altro ancora (Nixon
in the sky with diamonds). Come ignorare poi il brano più elettronico e
sperimentale del disco, Baubaubhaus.
Per il resto, “Fake P” risulta un
disco un po’ monotono, dove in alcuni casi si fa fatica a distinguere un brano
dall’altro, ma anche rilassante e divertente per l’atmosfera scanzonata che
domina in quasi tutte le tracce. Del resto una delle canzoni, Last, è stata scelta come colonna sonora
di un noto spot.
01. Boy
02. Coward Bourgeois
03. Jtl
04. Dead boys can make it
05. Dr. Maledektus
06. Last
07. The day I betrayed the earth
08. Qwerty
09. Bele legs
10. Baubaubhaus
11. Rorschach
12. Nixon in the sky with diamonds
13. Turn off your mind
14. Spherical