Hot Tune
Partono le prime note di The invention of tradition ed una domanda sorge spontanea: è possibile, ma soprattutto che effetto fa, interpolare una strumentazione tendenzialmente jazz con idee decisamente avanguardistiche (vorremmo dire progressive, ma poi si rischia di essere “di parte)? Già, perché l’approccio degli Hot Tune è decisamente sorprendente, e questo senza scomodare - basta ascoltarli -, i Soft Machine o, perché no, certi passaggi dei Tangerine Dream, pur in assenza delle tastiere.
Falling Up! è un album davvero da scoprire brano dopo brano, un lavoro in cui le tecniche si mescolano, i timbri degli strumenti vengono spesso stravolti, piegati e sagomati in modo da ottenere sonorità originali: le chitarre, ad esempio, “grondano” acidità, suonano metalliche, evocano atmosfere industriali, il contrabbasso lascia generalmente da parte sia la vocazione ritmica che quella melodica, e vira, almeno nei due brani iniziali, verso tonalità martellanti, sussultorie, decisamente aggressive.
Le acque si placano nei brani successivi, Teardrops ed Il ritorno dell’acqua, in cui riemerge un’espressività più jazzata, seppur venata, spesso, da interventi che richiamano l’irruenza iniziale.
In generale comunque, tutto l’album mantiene una certa inquietudine di fondo, non si concede quasi mai momenti di rilassatezza, ma procede sempre con una, a tratti marcata, a tratti più sottile, tensione, soprattutto quando il quartetto si lascia andare alla sperimentazione più innovativa: Akvarell museet, ad esempio, ricorda, neppure troppo alla lontana, le sonorità dei Goblin e delle loro colonne sonore più tenebrose, trasmettendo ansia, apprensione, evocando atmosfere buie, cupe, a tratti ossessive - musica molto “filmica”, che lascia ampio spazio all’immaginazione.
Anche The violet glove, pur se con qualche attimo di rilassamento, si muove sulle medesime coordinate, lasciando emotivamente l’ascoltatore in una situazione di attesa.
Bravi i quattro musicisti a creare questi contrasti, altrettanto bravi a renderli palpabili utilizzando sonorità e timbri originali ed innovativi, il tutto senza mai strafare, senza “debordare”, ma rimanendo sempre, e con una certa attenzione, entro schemi ben precisi. Questo album cattura davvero l’attenzione, e può rappresentare qualcosa di realmente innovativo nel panorama musicale odierno.
01. The invention of tradition
02. L’età dell’ansia
03. Teardrops
04. Il ritorno dell’acqua
05. Akvarell museet
06. Falling down, falling up
07. Aggression
08. The violet glove
09. Ho cose + importanti da fare
Alberto Popolla: clarinets, piano, vocals Andrea Moriconi: guitars Roberto Raciti: double bass Claudio Sbrolli: drums