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Ronin

Fenice

Non un concept, solo nove pezzi, nove segnali, nove sentieri, nel quinto album dei Ronin. Si parte con l’intricata opener Spade, che con le sue ammalianti fatture di chitarre ci conduce a una coda più sostenuta, al trotto; poi Benevento, ovvero il tex-mex sbarca in Campania. Tanti temi uno più incisivo dell’altro, la sezione ritmica che svisa, il deserto che si stende a perdita d’occhio nel bridge rallentato: un pezzo eccezionale, di quelli che i Calexico non scrivono da un po’. Ancora un po’ di atmosfere morriconiane, notte tra i cactus e cicca in bocca, nel seguente Selce. Prime luci dell’alba, ancora nelle orecchie il piano a coda dell’orchestra di Mingus: eppure bisogna muoversi, sellare il cavallo e di nuovo al galoppo, questa è Jambiya, la quarta traccia.

Poi, d’improvviso, la malinconia: risorge dalle ceneri del nostro cuore come una Fenice, ci lascia a terra, a sollevare e risollevare un mucchietto di sabbia, ma sempre pochi granelli ci restano nelle mani. In testa ci risuonano ancora le note di It was a very good year, con la voce dolente e strascinata di Emma Tricca. Infine si riparte, con calma, senza far rumore, con lo swing di Gentlemen Only, con il suo arrangiamento essenziale, costruito ancora una volta su fraseggi di chitarra particolarmente retrò. Un momento di riposo, l’orizzonte che si stende a perdita d’occhio di fronte a noi, il rumore di un ruscello poco lontano, il vento che ci spinge sempre più in là, verso Nord. Una terra altrui, regolata dai suoi ritmi, dalle sue tradizioni, ma che è disposta ad accogliere chi viene in pace. E ci si può trovare attorno a un fuoco, con un flauto quasi andino e la sezione fiati delle grandi occasioni, con il sax baritono a farla da padrone (Conjure Men). Non c’è da chiedersi cosa ci facciano lì, tutti incravattati, gomito a gomito con gli indigeni del villaggio... meglio buttare giù un altro sorso di whisky, prima di rimettersi in marcia.

Ok, cut. Come detto, questo Fenice non è un album a tema, ma solo una raccolta di nove brani (otto strumentali), sicuramente tra i migliori della band di Bruno Dorella, di cui speriamo di avervi restituito qualche suggestione. Siamo stati noi a scegliere una strada, una delle tante suggerite da questo disco, e l’abbiamo imboccata fino in fondo, senza chiederci dove ci avrebbe portato, lasciandoci guidare solo dalle note dei Ronin. Ora sta a voi scegliere la vostra direzione.

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In dettaglio

  • Anno: 2012
  • Durata: 41:04
  • Etichetta: Santeria/Tannen

Elenco delle tracce

01. Spade

02. Benevento

03. Selce

04. Jambiya

05. Fenice

06. It was a very good year

07. Gentlemen only

08. Nord

09. Conjure men

Brani migliori

  1. Benevento
  2. Fenice
  3. Conjure men

Musicisti

Bruno Dorella: chitarre Nicola Ratti: chitarre Chet Martino: basso Paolo Mongardi: batteria e percussioni Emma Tricca: voce (in 6) Enrico Gabrielli: flauto e sassofono (in 9), clarinetto (in 6), piano (in 4) Raffaele Kohler: tromba (in 9) Luciano Macchia, trombone (in 9) Nicola Manzan: archi (in 5) Umberto Dorella: organo (in 6)