Blessed Child Opera
Una culla soffice di stelle in cui depositare pensieri fragili e fradici di sottile malinconia, a cui dare un senso («what to make of this loneliness, what to do with all these words, if you do not use the mas love song for you», I Will Find): quella dei Blessed Child Opera di Paolo Messere, giunti al quinto album, è infatti una galassia morbida di pensose trasparenze acustiche, suoni onirici quasi vocati al post-rock, soavi tocchi di piano (Falling), arpeggi di chitarra di uno shoegaze pregevolmente molto suonato, bagnato da ombre accurate e talvolta colorato da distorsioni inquiete (I Will Find, pienamente in linea con lo stile più remoto della band, denso di luce oscura come il più cupo e lodevole post-punk anni ’80).
Ritmiche country, umide di vento e tristezza, scandiscono Reflection After Nothing con la costanza grave di un treno di pensieri che attraversa la mente, mentre clarinetti tra jazz e world-music, che si fanno strada tra chitarre elettriche, bassi e un ritmo che sa di r&b, sono voce irregolare e quasi allucinata della conclusiva Promised Circle.
I versi delle canzoni esplorano il vuoto inevitabile della solitudine, il fronteggiarsi “agonistico” di sogni e fatalità, così come l’opacità insapore assunta da sogni stanchi, o l’impotente amarezza dinnanzi al disordine di desideri e realtà mai allineati, ma fremono anche nell’ebbrezza della vita come pericolosa scommessa: «If you don’t risk, we have no reason to exist» (Keep Me Tight).
Tra ostacoli e illusioni, distacchi, speranze deboli e ricordi, se si finisce per non avere più niente da dire o condividere con altri, tra le mani restano solo vaghe promesse per il futuro (Promised Circle).
Quest’album raccoglie in atmosfere intense, intime e raccolte sensazioni e irrequietudini, indistinte come l’eco di confessioni silenziose di sguardi o fotogrammi sfumati della mente in scorrimento veloce ed agrodolce. Con sensibilità e finezza la band sperimenta anche un songwriting anglofilo tra folk e country, tra cenni di jangle-pop smithsiano (Keep Me Tight) e sonorità vocali e musicali che rammentano Simon and Garfunkel (soprattutto in Lonely Friend), con risultati musicali spesso di delicato e nudo lirismo; nella preziosa Ruby Light il gruppo prova ricami di archi irrorati di nostalgia.
La voce di Messere, lontana da virtuosismi, ha un colore semplice e fermo e la discrezione struggente dello shoegaze: racconta con concentrazione interiore e sincerità di accenti.
Attivi fin dal 2001, i Blessed Child Opera meriterebbero sicuramente di godere di una visibilità molto maggiore di quella attuale.
01. Nothing is in place when it should
02. Falling
03. Closed doors
04. Clear sky optimistic
05. Reflection after nothing
06. I will find
07. Ruby light
08. Between us
09. Keep me tight
10. Never return on your steps
11. Lonely friend
12. Promised circle
Paolo Messere: voce, chitarra acustica ed elettrica, loop station, elettronica Giacomo Salzano: basso, loop station, elettronica Maurizio Vitale: batteria Fabio Centurione: violoncello, violino Luca Monaco: batteria Vincenzo Bardaro: batteria Pericle Odierna: clarinetto Antonio Sircana: piano, organo Stefano Sotgiu: acustiche Valeria Soave: voce