I Luf
Ecco tornare in azione la folk band dei Luf capitanata da Dario Canossi voce e mente del gruppo e lo fa con un disco dal titolo decisamente misterioso, il “flel” per chi non è bergamasco è il bastone che era utilizzato dai contadini per battere all’unisono il grano in un lavoro di gruppo che aveva il fine di recuperare fino all’ultimo chicco, perché nulla del raccolto andasse perso. Storie d’altri tempi potrà pensare qualcuno, lontani da questi nostri anni di sprechi ed egoismi, ma con questo disco i Luf ci danno una grande lezione: solo dalla consapevolezza delle proprie radici è possibile capire il presente, ma soprattutto costruire un futuro sostenibile. Eccoli allora parlarci di questo loro passato con la title-track Flel che vede la partecipazione di Davide Van De Sfroos che per l’occasione ha tradotto la propria strofa dal dialetto camuno a quello laghée. Ma eccoli affrontare anche temi attualissimi come l’emigrazione nella magnifica Stella clandestina in cui cantano «Lo sanno le foglie che quando parti muori / per questo cercan di baciare i fiori / volan nel vento farfalle senza ali / nel loro mondo sono tutti uguali» o la ricerca della pace in Luna di rame e di ottone una vera e propria preghiera dagli echi mediorientali «Dietro alla prossima duna / non voglio né sabbia né oro / dacci due etti di pace / dacci due chili d’amore / dacci due litri di brividi / riempi il mio cuore di lividi». Non manca poi la consueta ironia con episodi come Tira la barba al fra’ o la spassosa Littel Monchi, storia di un capo tribù che come Gesù volle camminare sulle acque in mondovisione e che, a causa delle zeppe di piombo che si era fatto fare per sembrare più alto, annegò. Non c’è invece ironia in Basta dove l’attacco all’attuale nomenclatura politica è più diretto e dove netto è lo sdegno dei Luf per una moralità ormai persa inesorabilmente, anche se musicalmente si rimane comunque su toni brillanti e leggeri. Ai vertici del disco metterei però Dal nido una delicatissima ballata dedicata a Fabrizio De Andrè e la conclusiva Vorrei un’intensa preghiera dedicata invece a mamma Felicia e Peppino Impastato, il suggello ideale ad un gran bel disco, giocato su più piani e a più velocità. Un disco che fa riflettere, ma che ha dalla sua ritmi vertiginosi che fan danzar le gambe, cosa si può pretendere di più dalla vita?
01. Africa
02. Flel
03. Dal nido
04. Tira la barba al fra’
05. La neve
06. Stella clandestina
07. Furtuna
08. Angelo
09. Regina delle sei
10. Littel monchi
11. Luna di rame e d’ottone
12. Basta
13. Il treno delle sei
14. Vorrei
Dario Canossi:
voce, chitarra
Sergio “Jeio”
Pontoriero: banjo, basso (2, 14),
djambè, darbuka, cembalo, shaker, triangolo, batteria (3), voce
Sammy
Radaelli: batteria
Fabio Biale:
violino, mandolino, voce
Cesare Comito:
chitarra acustica, voce
Matteo
Luraghi: basso, voce
Stefano
Civetta: fisarmonica, voce
Pier Zuin:
higland bagpipe, gralla dulce in sol, flauto traverso irlandese in
re, tin whistle in re, bodhran
Davide Van De
Sfroos: voce (2, 4)
Alex e Karim
“Circo Abusivo”: (11)
Davide “Billa”
Brambilla: fisarmonica
Davide Aldini:
flauti (1, 4, 5, 10)
Alberto
Guareschi: contrabbasso (3, 10)
Luca Zugnoni:
contrabbasso
Ranieri
“Ragno” Fumagalli: baghet (12,
13), flauto (14)
Fabio Rinaudo:
uielleman pipes (13)