Massimo Barbiero
Dopo aver atteso un bel po' prima di abbracciare la pratica dell'album in solo, il batterista/percussionista piemontese (di Ivrea) Massimo Barbiero, leader di due gruppi storici del jazz italiano come Enten Eller e Odwalla, dal 2009, anno di “Nausicaa”, a oggi di dischi solitari ne ha sfornati sei, con questo Foglie d’erba (peraltro, nello specifico, attendendo quasi un quinquennio dal precedente “Mantis”, uscito a inizio 2016), la cui particolarità è quella di non prevedere l’uso della batteria, per quanto già in “Simone de Beauvoir”, del 2014, lo strumento-principe delle percussioni mancasse, in quel caso, peraltro, in favore della sola marimba, che qui invece è attorniata da svariate altre percussioni, tutte di natura aromatico-melodica, elemento da sempre (anzi: sempre di più col passar del tempo) centrale nell’arte di Barbiero, come testimonia del resto la sua felice, fertile, vena compositiva. Che si esprime anche qui in maniera palpabile, con temi nuovi abbinati a un must come Schiuma d’onda, che nel lontano 1990 “timbrò” addirittura l’esordio discografico del citato gruppo di sole percussioni Odwalla (poi apertosi ad altri apporti, danza e voce in primis), intitolandone l’omonimo album.
Ogni tassello del lavoro è come sempre perfettamente oliato e incastonato nel totale, nel segno di un equilibrio, un rigore formale anche qui come sempre assolutamente esemplari. Marimba, vibrafono e gong occupano una posizione di preminenza, elargendo quegli aromi che sposano magistralmente componente timbrica e melodica (quindi lirico-cantabile) da sempre elemento-cardine della poetica barbieriana, autore e performer. Brani come l’iniziale Sea of the Brine of Life, e poi il trittico che va da La rupe a La nube, includendo il già citato Schiuma d’onda, e poi ancora La chimera e il conclusivo L’abbandono appaiono di primo acchito quelli che meglio esprimono i caratteri appena descritti, peraltro all’interno di un lavoro come già sottolineato di una coerenza intestina assolutamente ammirevole. Chi ama un suono non urlato o sloganistico farà quindi bene ad avvicinarsi a questo album e all’intera produzione connessa al nome di Massimo Barbiero, indipendentemente da eventuali simpatie jazzistiche o meno. Non potrà che uscirne più ricco, persino migliore.
Foto di Alberto Bazzurro.
01. Sea of the Brine of Life
02. Il prato
03. La rupe
04. Schiuma d'onda
05. La nube
06. La pioggia
07.La chimera
08. Il fiore
09. La ferita
10. L'abbandono
Massimo Barbiero: marimba, vibrafono, glockenspiel, timpani, gong, percussioni