Luca Gemma
Che Luca Gemma musicalmente fosse più smaliziato di quanto non dimostrasse la scrittura lineare dei suoi primi due album da solista, lo si sapeva. Lo attestava la lunga carriera, cominciata con la militanza a capo degli eclettici Rossomaltese, cofondati con Gino De Crescenzo (poi in arte Pacifico), da quella percorsa in veste di autore a progetti sperimentali come quello raffinatissimo dell’Expedition con Steve Piccolo e Gak Sato. Però in questo terzo lavoro Gemma compie un salto in avanti notevole, anziché “sedersi” dopo vent’anni di esperienze.
Le linee melodiche sono spesso nettamente (ma anche gradevolmente) pop e i versi talvolta sono meno provocatori di quanto ci avesse abituato a sentire la sua anti-retorica dei sentimenti, ma, soprattutto nella prima metà dell’lp, in arrangiamenti (del cantautore e di Ray Tarantino) forse persino a volte troppo colmi di suoni, le parole svaporano nell’aria al cospetto di una musica che scava e si avvinghia alle radici della terra. Groove fascinosi, basse frequenze stoner in contrasto con chitarre acustiche limpide e struggenti (si ascolti la magnifica Nudi), suoni sporchi e distorti, seduzioni sonore centroamericane comuni ad un certo indie made in States tra cenni magnetici di blues, roots reggae e chitarre latin-rock, nutrono infatti la “schizofrenia” del titolo (folk-psichedelico) e l’originalità del disco.
Soprattutto nella prima parte del disco, Luca Gemma scende nella carnalità del ritmo, mentre in alcune canzoni della seconda metà del lavoro percussioni e armonium disciolgono gli arpeggi di chitarra in una trama liquida di luce: è il caso ad esempio della preghiera non convenzionale “Che”, il brano più cantautorale del disco, che opta per una maggiore essenzialità dei suoni e circoscrive così la rotondità quasi soul dell’attuale voce dell’artista, tra acuti morbidi e bassi profondi.
La leggerezza malinconica di “Ogni cosa d’amore”, dichiarazione di pari dignità per l’amore omosessuale scritta da un eterosessuale (con sottile polemica nei confronti degli artisti omosessuali italiani che non ne parlano), a tratti rammenta Pacifico, ma i momenti più soft e folk del disco ricordano più da vicino ancora i vuoti in cui risuonano, scandendo in modo quasi “religiosamente magico” e solenne qualunque tristezza, alcuni brani dell’ascoltato Bon Iver, o la solarità dolceamara di Badly Drawn Boy. In generale le sonorità dell’album appaiono infatti internazionali, tra cuban beat, episodi swingati (Killer) e contaminazioni sapienti e d’effetto di atmosfere e geografie.
In un disco in cui spesso la musica si fa strumento di fascinazione fisica, che distoglie l’attenzione dai versi, una menzione speciale spetta alla rapina dell’artista precario, gentleman generoso con tante spese, di Un miliardo e per le contraddizioni interiori di una nuova semplice canzone-manifesto, Sei felice?, gemma che splende di drammaticità nascosta, allorché cresce la tensione dei synths e si accampa un pianoforte che distende i fili dell’inquietudine e tende i nervi dell’ascoltatore come le ballate oscure di Peter Gabriel o dei Radiohead.
01.L’educazione sentimentale
02.Nudi
03.Killer
04.Superstelle
05.Animantiproiettile
06.La canzone della gioia
07.Che
08.Ogni cosa d’amore
09.Un miliardo
10.Un bambino
11.Sei felice?
Luca Gemma: voce, basso, chitarre acustiche, chitarra elettrica, 12 corde bottleneck, santeria, passi, fischio, kalimba, maracas, bicchiere, tambourine, claves, armonium, rainstick Ray Tarantino: chitarra acustica, chitarra elettrica, synth, pianoforte, tamburo, e-bow, porta, cori Gianluca Mancini: pianoforte, elettronica Nick Taccori: batteria, percussioni Andrea Viti: basso Max Iarvo Chiappa: giradischi Rob Lopez: percussioni