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Gang

Fra silenzi e spari

Anche questa volta ce l’hanno fatta! Il “nuovo” crowdfunding ha positivamente arriso ai fratelli Severini, Marino e Sandro, e ai loro affezionati ‘adepti’, iniziando così l’agognata riconquista dei propri brani. Quelli, per capirci, che fanno parte degli album incisi per la CGD e non più ristampati. Un percorso che si è reso obbligato, vista l’impossibilità di rivedere i propri brani ristampati nelle versioni presenti sugli album a suo tempo pubblicati. La loro scelta è stata quella di riprenderseli un po' alla volta, riportandoli in vita attraverso una valutazione meditata, costruendo nuovi album contenenti i brani che, si augurano gli autori, nel tempo possano essere riportati a nuova vita grazie al lavoro di ‘restauro e aggiornamento’.

Fra silenzi e spari il titolo scelto ed è un lavoro che vede ovviamente i fratelli Severini in prima linea e, al loro fianco, il terzo Gang onorario, Jono Manson (nella foto qui sotto), la cui attenzione maniacale al dettaglio è nota a tutti gli appassionati di musica. Anche in questa occasione Jono è il produttore dell’album e si avvale di fidati musicisti che, da anni, lo supportano in studio quali Mark Clark, Steve Lindsay, Jason Crosby (oltre ad un altro stuolo di musicisti meglio dettagliati a seguito) che porgono un approccio di particolare fascino ad ogni singola traccia. Però attenzione, parliamo di canzoni che non vengono stravolte perché già ben costruite dalla loro pubblicazione, ma che vengono aggiornate e abbellite dal punto di vista sonoro.

Un lavoro minuzioso che prende vita attraverso strumenti che, seppure in secondo piano, ne danno una versione/visione più nitida (vedi, ad esempio, Johnny lo zingaro). Detta così il compito sembra facile, ma facile non era. Brani come Comandante, Bandito senza tempo, La pianura dei sette fratelli, Sesto San Giovanni, ascoltati in miriadi di concerti, avranno certamente richiesto qualche riflessione in più, pensiamo infatti al difficile addobbo con nuovi vestiti perché il rischio è che potevano perdere quella efficacia di manifesto artistico-politico e di memoria per il quale sono stati concepiti. Prova superata comunque, anche se la domanda sorge spontanea come avrebbe detto il buon Lubrano: ha senso un’operazione di questo tipo, al di là della giusta rivendicazione della proprietà artistica che, per il volere degli autori, deve essere riportata a casa?  A mio modesto avviso, si, perché questi brani fanno parte di un canzoniere che alla fine degli anni ’90 e ai primi del 2000 sono stati rappresentativi di un tempo, di un’ambizione, di un desiderio di lotta, di un bisogno di relazione, di una storia di relazione, di un’idea di ‘musica da combattimento’ che era nelle premesse della storia dei Gang.

Basti pensare alle contaminazioni con le storie di Joe Strummer, di Woody Guthrie e di tutti coloro che sono state (e rimangono) fiaccole di speranza musicale e non (vedi Padre Balducci, Gramsci, Portelli). Perché la storia musicale dei Gang - è bene ricordarlo - non si può esaurire nella sola accezione al percorso musicale ma, anche e soprattutto, al progetto che è stato alla base della loro storia: partire dal punk rock per abbattere il muro dell’urgenza comunicativa e ritrovarsi a giocare la loro partita in campo aperto, laddove le influenze culturali e musicali potevano essere messe in gioco senza timori reverenziali nei confronti di alcuno. Come è avvenuto con il primo album cantato in italiano, “Le radici e le ali” (1991), dove il bisogno di spiegare meglio le proprie ragioni ebbe l’effetto di una benefica deflagrazione all’interno del panorama musicale del nostro Paese. Da quel momento non fu più possibile considerare la band dei fratelli Severini come una sorta di clone italiano dei Clash (cosa, per altro, non veritiera) ma un progetto culturale e politico che era orientato alla ricerca della migliore presa di coscienza delle proprie radici (il passato) e delle ali a venire (il futuro). Da quella prospettiva sarebbero scaturiti brani come Bandito senza tempo (che leggenda vuole fu scritta in pochi minuti) oppure Sesto San Giovanni (ascoltare la delicatezza della nuova versione con pianoforte e pedal steel) o come la commovente La pianura dei 7 fratelli.

 

Ma se quelli citati li possiamo considerare brani iconici (ed emotivamente immediati) anche gli altri presenti in questa raccolta raccontano storie di particolare ricchezza musicale, culturale, politica, etica. Una ricchezza che ha saputo rappresentare, nel tempo, un mondo che non aveva intenzione di cedere alle presunte “novità” dei nuovi (?) tempi e che, ancora oggi, visto il supporto di quasi 1.500 coproduttori, continua a far battere il cuore del sano concepire e vivere il tempo del dubbio. Mettiamola così: Fra silenzi e spari è un album nuovo, di canzoni già ascoltate ma non per questo datate, perché i temi che raccontano sono ancora qui, al nostro fianco, alla ricerca di soluzioni, nel desiderio di spiegazioni, nel bisogno di verità. O, come direbbe, Bob Dylan, di onestà. E queste canzoni, oneste all’origine, tali sono rimaste.

Da segnalare che per i coproduttori, oltre all’album, era possibile scegliere alcuni “doni” tra i quali, molto graditi, un cd dal titolo “Quanto amore” dove i Gang cantano sette brani di Claudio Lolli e “Re Incanto”, con otto alternate takes di brani tratti dai loro album “Ritorno al fuoco” e “Sangue e cenere”. E la storia, quella che non si dimentica, continua…

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Jono Manson
  • Anno: 2023
  • Durata: 60:36
  • Etichetta: Rumbe Beat Records

Elenco delle tracce

01. Fino alla fine

02. Comandante

03. Vorrei

04. Fuori dal controllo

05. Johnny lo zingaro

06. Sesto San Giovanni

07. Non è di maggio

08. Bandito senza tempo

09. Oltre

10. Il bandito Trovarelli

11. La pianura dei sette fratelli

 

12. Se mi guardi, vedi

Brani migliori

Musicisti

Marino Severini (voce, chitarra 12 corde);
Sandro Severini (chitarra elettrica);
Mark Clark (batteria, tamburello, congas);
Steve Lindsay (basso elettrico);
Jason Crosby (pianoforte, organo Hammond, violino, clavinet, organo Farfisa);
Jono Manson (chitarra elettrica, chitarra acustica, chitarra elettrica 12 corde, chitarra tenore elettrica, piano elettrico Wurlitzer, chitarra tenore acustica, chitarra baritono elettrica, cori)                                                    

OSPITI

Char Rotschild (fisarmonica, tromba, tin whistle, saz, cornamusa, dobro, cornamusa bulgara);
Craig Dreyer (sax tenore, flauto);
Jay Boy Adams (chitarra elettrica slide);
Juan Josè Alba (voce, chitarra acustica);
Jon Graboff (pedal steel, mandolino, lap steel, chitarra elettrica);
Myrrhine Faller (cori)