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Forsqueak

FSK

Più che una band, davvero una piccola orchestra, capace di creare una massa ed un volume di suono notevoli, e che offre più di un motivo per attirare l’attenzione. I palermitani Forqsueak presentano il loro secondo lavoro, che fa seguito all’album di debutto dal titolo omonimo uscito nel 2013, e riconferma la loro attitudine nel muoversi a cavallo fra jazz, prog e rock, attraverso una formazione “a tutte corde” sicuramente molto dinamica ed aggressiva.

Sin dalle prime battute di Batway si può intuire quale potrà essere lo sviluppo di FSK, la loro ultima fatica: una sezione ritmica che ama esprimersi attraverso scansioni ritmiche brillanti, estremamente varie e mai ripetitive, ed una coppia di chitarre che si concede tutto lo spazio impiegabile, utilizzando timbri e tecniche a volte sincroni, altre volte palesemente differenti, in modo da creare tutti quei contrasti che permettono ai brani di decollare quasi subito.

In questo senso, una caratteristica davvero interessante, presente tra l’altro in tutto l’album, è proprio il fatto che i pezzi, pur essendo dei brani strumentali, non presentano mai delle introduzioni particolarmente elaborate o prolisse ma, come si usa dire, “attaccano subito”. In alcuni casi poi hanno quasi la configurazione di una canzone nella quale il testo andava ancora inserito oppure era stato appena levato: la sensazione è davvero strana, ma è confortata dal fatto che lo sviluppo musicale delle nove tracce non presenta mai una struttura troppo “piena” di suono, ma sempre assai rispettosa dei “pieni” e dei “vuoti” tipici di un brano in cui è presente il cantato. Quanto agli eventuali riferimenti cui si è fatto cenno all’inizio, possono certamente essere fatti ma solamente rispetto ai generi musicali, senza soffermarsi su band specifiche: al massimo, volendo essere davvero scrupolosi, si può cogliere più di qualche somiglianza con la seconda fase dei Soft Machine, quella che va da Fifth, 1972, a Softs, 1976, più che altro per come i brani vengono sviluppati, per come inoltre gli strumenti, chitarre in primis, ed in secondo luogo i fiati, si intersecano fra di loro, ma anche per come basso e batteria lavorano sulla base ritmica.

Ci sono, all’interno di questo lavoro, un occhio rivolto al passato ed un altro che invece punta decisamente verso il futuro in una sorta di “strabismo di venere” dal quale scaturiscono risultati veramente interessanti ed in molti casi affascinanti: sono presenti, come già precedentemente sottolineato, uno sperimentalismo di tipo “tradizionale” non tanto strettamente legato quanto genericamente riferito al passato, se non altro come metodo, ma anche la capacità di andare seriamente oltre, indagando su quali possano essere, d’ora in poi, le prospettive di questo approccio musicale al di là delle definizioni con cui potrebbe essere spiegato. Jazz-rock, fusion, oppure jazz-fusion, o ancora proto-prog: sono tutte, in fondo, enunciazioni teoriche, semplicemente dei tentativi per sintetizzare un approccio musicale che in realtà risulta spesso difficilmente etichettabile, criteri “giornalistici” per cercare di “far capire” in quale ambito musicale ci si sta muovendo.

L’unico metodo davvero realistico per farsi un’idea, come peraltro è ovvio che sia, è quello di ascoltare i Forsqueak, entrare nel loro mondo e cominciare ad esplorarlo: in fondo il gusto vero della ricerca, al di là dell’esito finale, è forse la ricerca stessa.

Foto e artwork: 3112htm

 

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Luca Rinaudo, Gianluca Cangemi, Danilo Romancino
  • Anno: 2017
  • Durata: 38:31
  • Etichetta: Almendra Music

Elenco delle tracce

01. Batway
02. Narabo
03. Kim Ki Duk
04. Monday
05. Kindred
06. Kitalpha
07. L a y
08. Don Dolando
09. Hamster

Brani migliori

  1. Batway
  2. Monday
  3. Kitalpha

Musicisti

Bruno Pitruzzella: electric, acoustic guitar  -  Sergio Schifano: electric baritone guitar  -  Luca la Russa: bass  -  Simone Sfameli: drums  -  Davide Di Giovanni: Korg MS-10 analogue monophonic synthetizer -  Piero Bittolo Bon: sax alto  -  N’Hash: beat programmino  -  Gianluca Cangemi: additional counterpoint