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Il Kif

Gioie & paranoie

L’impietosa bilancia della musica e dell’arte in genere pone all’artista due piatti, che egli deve riuscire a tenere in equilibrio con i pesi della propria opera: uno è quello del coraggio, l’altro è quello dell’umiltà. Voglio dire, insomma, che chiunque si ponga come obiettivo una nuova creazione dovrebbe avere tanto l’ardire di compiere un rischio, cercare di fare qualcosa di nuovo (e con nuovo non voglio assolutamente dire “originale”), tanto essere cosciente dei propri mezzi e non fare il passo più lungo della gamba. L’equilibrio ha davvero del miracoloso, perché più si mira in alto, più si rischia di fare un tonfo.

Arrivati al terzo album, Il Kif (che vuol dire “prelibatezza” in arabo), rock band barese attiva da più di dieci anni, non sembra tuffarsi del tutto in questo mare di rischi che la musica vuole se deve essere intrigante. Come negare che “Gioie & Paranoie” sia un disco compatto, coscienziosamente suonato, senza alcun tipo di cadute? Un prurito però assilla il cuore dell’ascoltatore: “dimmi qualcosa di tuo!”.

Il problema non è la sobrietà dei componenti (voce, chitarra, basso, batteria), che è evidentemente ricercata, e nemmeno la voluta distanza da ogni tipo di intellettualismo nei testi, nelle composizioni, negli arrangiamenti, e neanche ancora la scelta di stare lontano dalle sonorità elettroniche tanto in uso oggi. Il problema è che i riferimenti suonano troppo forte (rock’n roll all’inglese, per intenderci), che il sound è potente ma confondibile, che non sembra esserci una netta ricerca di una via personale al genere. Il problema è che Il Kif sembra avere troppa paura di fare il passo più lungo della gamba, così che l’ascolto scivola via – perché comunque scivola senza intoppi, questo è da sottolineare – senza mai dare un pugno nell’orecchio, destando forse solo la curiosità di chi al genere (o al gruppo) è già affezionato.

Insomma, è un disco che suona senza alcun tonfo ma – ritornando al discorso suddetto – forse accade perché non c’è neanche nessun rischio. È un difetto? Non necessariamente, se è nella volontà degli autori.

Dove il disequilibrio è ricercato con maggior forza, come ne La scimmia – testo visionario, nettamente distaccato dall’ingenuità generale degli altri testi, che va puntualmente a braccetto con la musica – il risultato è egregio e lascia meglio sperare. Come a far intendere che tutta quest’umiltà forse non è neanche del tutto motivata.

Curiosità. Tra i pezzi c’è una cover dell’Edoardo Bennato già in fase discendente (e si sente). Si tratta di Ok Italia. Il brano acquista vigore rispetto all’originale, ma ricorda anche – se ce ne fosse bisogno – di quanto fosse migliore la sua produzione precedente.

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In dettaglio

  • Produzione artistica: Luciano Salvemini e Roberta Mura
  • Anno: 2010
  • Durata: 42:07
  • Etichetta: Otium Records/CNI

Elenco delle tracce

01. Come un treno

02. Nel profondo

03. La scimmia

04. Ok Italia reloaded

05. Mai abbastanza

06. Venus

07. Segui la mia scia

08. Ogni attimo

09. It’s all in your mind

10. Stupide favole

11. Gioie e paranoie

12. Riot feeling

Brani migliori

  1. La scimmia

Musicisti

Claudio De Pascale: voce, chitarra Alessio Virno: chitarra, voce Davide Fioretti: basso, voce Andrea Rettino: batteria, percussioni Guy Portoghese: sax tenore e cori in Ok Italia reloaded Luciano Salvemini: piano in Come un treno, synth in Ok Italia reloaded, Segui la mia scia, Riot Filippo Ferrante: cori Vincenzo Abbracciante: organo in Venus e Stupide favole