Simone Cristicchi
Terzo capitolo del viaggio incominciato con la canzone tormentone “Vorrei cantare come Biagio”; viaggio che ha permesso agli ascoltatori, estimatori e non dell’artista romano, di frequentare le numerose stanze musicali che in quest’ultimo disco, Grand Hotel Cristicchi, vanno a comporsi come in un albergo immaginario, in cui le storie quotidiane rivivono, raccontate o vissute direttamente da ipotetici ospiti che, spesso, si trovano coinvolti come spettatori e altre come protagonisti.
Un crogiolo di vicissitudini raccontate con ironia ma anche spesso con lucido realismo, come in “Tombino”, che ci fotografa il triste vivere quotidiano dei bambini sotto i cunicoli delle città, in quella Bucarest mai nominata ma spesso avvicinata a qualsiasi città europee, dove quegli stessi bambini, seppur alla luce del sole, vivono nell’ombra dei pensieri della gente. Altre volte un amaro aprire gli occhi sulla nostra vita che scorre e non sempre ci permette di fermarci per assaporare quei delicati momenti che visti all’indietro ci fanno rammaricare di non averli apprezzati: allora sarebbe bello vivere “La vita all’incontrario”, canzone quasi parafrasi del film “Il curioso caso di Benjamin Button”.
Ad ogni apertura dei brani che compongono l’album si aprono appunto le tante porte di un albergo, in cui una moltitudine passa, magari nelle stesse giornate, senza conoscersi, ma essendo parte di una stessa realtà, che bisogna sforzarsi di cogliere, rendendosi conto che spesso la “scatola accesa” vende solo false illusioni (“Meteora”) e troppo spesso solo disinformazione (“Meno male”), in un mondo in cui ciò che ci circonda sembra spesso solo una suppellettile e non parte di noi, e che quindi perde valore, come quell’ambiente malato in cui nuota il “Pesce amareggiato”.
In questo disco si vede sempre più luminosamente che quelle che negli altri dischi sembravano solo favole ora echeggiano di ambientazioni troppo poco fantastiche e sempre più realistiche: il sogno “favolesco” sembra essere piuttosto quello di fermare alcuni comportamenti di una società egoista perfino verso se stessa. La stessa scelta di affidarsi a suoni poco elettronici e più acustici è forse dovuta alla necessità di ancorarsi a sonorità semplici che lascino ampio spazio all’ascolto dei testi, apparentemente disincantati ma profondamente intensi. Un contenitore pieno di sensibilità verso la famiglia vicina, i propri figli (“Insegnami”) e verso l’allontanamento dalla famiglia, quello vissuto dagli anziani che magari rivivono in quelli che da fuori appaiono come non luoghi, quegli ospizi che ci conducono a ballare “L’ultimo valzer”. Ma l’allegrezza non riesce ad abbandonare la musica di Simone Cristicchi e così rispolvera un pezzo che sa di tradizionale, dove si confondono il passato spontaneo da trattoria e il presente, e così quello che era un prete in “Volemo le Bambole” diventa “nell’oggi” il premier, e le ragazze in carriera o da copertina (ricordate “Gne gne” di Giorgio Conte?) fanno l’occhiolino alle contemporanee “escort”.
Il sorriso continua anche nelle tracce nascoste, dove l’autore sembra proprio volerci lasciare con un pizzico di ottimismo. Rock (“Genova brucia”), pop, etnico, direi addirittura classico, vista la folta presenza di fiati ed archi e perché no rap (non è un caso la presenza di Frankie Hi Nrg Mc).
Un lavoro decisamente maturo che in alcuni pezzi verrà certamente criticato da una parte di pubblico che lo vorrebbe magari più disimpegnato politicamente. Un disco di scelte!
01. Overgnure
02. Il pesce amareggiato
03. Meno male
04. La vita all'incontrario
05. L'ultimo valzer
06. Tombino
07. Insegnami
08. Meteora
09. Volemo le bambole
10. Quattro minuti e 28 secondi
11. Genova brucia
12. Come la neve
Ghost tracks:
01. Bruno
02. Radio Flavia
Simone Cristicchi – voce, chitarre, mandolino, laud cubano Francesco Musacco – tastiere, pianoforte, arrangiamenti archi, programmazione Olen Cesari - violino Enrico Gabrielli – clarinetto basso, flauto traverso, sax, tiger, arrangiamenti fiati Alessandro Canini – batteria Andrea Rosatelli – basso, contrabasso Coro dei Minatori di Santa Flora – cori Emiliano Terreni – voce in “Overgnure” GNU Quartet : Stefano Cabrera (violoncello) Roberto Izzo (violino) Francescas Rapetti (flauto traverso) Raffaele Rabudengo (viola)