Dario Dont
Immagino che siamo tutti d’accordo col detto “i gusti son gusti” e che ognuno è chiamato a rispettare quelli degli altri, però permetteteci un’eccezione in campo artistico. Per esempio, in musica, ciascuno predilige dei generi piuttosto che altri, però credo che al di là dei gusti personali a certi personaggi vada concessa la stima.
Mi riferisco a coloro che si impegnano in una lodevole e costante ricerca sonora, come l’artista e musicista bresciano Dario Dont (Dario Bertolotti), già militante negli apprezzati collettivi Black Dirt e Don Turbolento, con i quali ha realizzato una manciata di Ep e di album. Negli ultimi cinque anni ha ponderato e, finalmente, ultimato il primo disco solista Grand Jeté, guarnito di 12 brani eclettici che nulla a che vedere con materiale dozzinale, in quanto la sua espressione poggia su canoni poco battuti di un indie-rock alternativo e prodigioso, frutto di un impegno sperimentale in continuo divenire. Da sengalare una piccola chicca: la copertina è opera di Joseph Piccillo, artista (soprattutto pittore) americano conosciuto in tutto il mondo.
Un bel trio di singoli fa da cerimoniere all’opera: Neve , Non fare rumore e A metà. Nel primo si respira un’aria algida e rarefatta nella prima tratta e vigorosa nel suo proseguo, nel secondo alligna un humus oscuro finchè non deflagra in dirittura d’arrivo che sa di post-rock destabilizzante. Invece, nel terzo gli strali urticanti si fanno da parte per far emergere anche risvolti acidamente mitigati che non t’aspetti e che ritroveremo, peraltro, in Due di Zucchero.
Ancora diversità uditive si riscontrano nella titletrack, incorniciata tra elettronica ed effettistica scorticante ma, qualunque sia il risultato finale, il Nostro ci mette tanto Cuore per dileguarsi da scenari inflazionati. Tornando a rasoiare di brutto nello ska-punk di E si vedrà, ti lascia a bocca aperta per i molteplici aspetti disarmanti. Anche a Luce spenta Dario sa orientarsi bene, con trovate coraggiose che sicuramente centrano il bersaglio dell’efficacia alternativa. Dopo il trotterellante ipnotismo di La finestra sul cortile, chiude la kermesse fascinosa con l’eclettico e spiritico spartito di La cosa padre.
Questa di Dario Dont è davvero una gran bella “sporca” dozzina.
01. Neve
02. Grand Jetè
03. Cuore aperto
04. A metà
05. Verro
06. Due di Zucchero
07. Non fare rumore
08. E si vedrà
09. Lama
10. Luce spenta
11. La finestra sul cortile
12. La cosa padre
Dario Bertolotti: voce, chitarre, basso, synth, programming - Michele Marelli: batteria, percussioni - Beppe Mondini: batteria, percussioni - Beppe Facchetti: batteria - Giovanni Battagliola: synth, programming